Natura e Botanica! conosciamo le nostre preziose "amiche" piante! Articolo scritto da Domenico Brancato e pubblicato il 16/09/2025!
Il Fico
Il Fico trova riscontri in una storia millenaria menzionata in molte culture e tradizioni, e in virtù dei ritrovamenti archeologici che ne attestano la sua presenza già 11.000 anni fa, risulta essere una delle prime piante coltivate dall’uomo con profondi significati, sia nella religione che nella cultura popolare.
Classificazione botanica:
Classe: Magnoliopsida o Dicotiledoni
Ordine: Urticales
Famiglia: Moracee
Genere: Ficus
Specie e Nome scientifico: Ficus carica (in riferimento alle sue origini che vengono fatte risalire alla Caria: regione dell’Asia Minore. A testimonianza della sua coltivazione già nelle prime civiltà agricole di Palestina ed Egitto).
Origine etimologica del nome:
Il termine “fico” deriva Dal latino “ficus”, che a sua volta ha origini ancor più antiche, nel greco “syke”, anch’esso riferito all’albero del fico e al suo frutto. Inoltre, il termine “ficus” in latino ha la stessa radice del verbo “facere” (fare) , che denota un legame con la capacità del frutto di prodursi, crescere e svilupparsi. Il che dimostra come il nome del frutto e dell’albero del Fico ha una storia che attraversa diverse lingue e culture fin dai tempi remoti.
La parola “fico” però, pur avendo mantenuto il suo significato originale, nel tempo ha acquisito anche significati metaforici, spesso legati alla sua forma o alla sua presenza in espressioni popolari. I riferimenti letterari basati su tale parallelo trovano riscontro anche nel significato di attributo genitale femminile annotato già da Aristotele ( 2300 a.C.). Poiché il termine “fica”deriva dal siriano “pequ” e dal precedente accadico (lingua semitica estinta, parlata nell’antica Mesopotamia) “piqu”, ovvero “sigu”: nome riferito all’organo sessuale femminile (nel senso di varco, fessura), onde il nome del frutto per analogia.
Così, in italiano antico “fica” indicava sia l’albero che il frutto, ma successivamente ha assunto anche il significato metaforico di organo sessuale femminile.
“Figo” e “fico” poi, in italiano colloquiale, secondo Accademia della Crusca e Treccani , hanno entrambi lo stesso significato : “bello”, “forte”, “ganzo”. Anche se “figo” e “figa” sono una forma più informale , spesso utilizzata nella parlata giovanile , per indicare qualcosa di particolarmente affascinante.
Luogo di origine:
Il fico (Ficus carica) è originario dell’Asia occidentale , probabilmente dell’area compresa tra l’Iran e l’Arabia. Anche se la capacità di questa pianta di adattarsi ad una vasta gamma di climi, e di fornire un alimento considerato prezioso, ha contribuito alla sua rapida diffusione in molte parti del mondo fin dall’antichità, come: la regione del Mediterraneo (Grecia, Italia, Spagna, Turchia e Nord Africa), seguita da India, Cina , Giappone, Australia e Stati Uniti.
Caratteristiche componenti struttura:
è una pianta xerofila (che si adatta a vivere in ambienti aridi e secchi), eliofila (che vegeta ottimamente alla diretta e forte luce solare), caducifoglia (che perde annualmente le foglie) e latifoglia, dal fusto contorto con numerosi fragili rami formanti una chioma schiacciata che può raggiungere e altezze di 6 – 10 m; la corteccia è finemente rugosa di colore grigio-cenerino; la linfa è di un bianco latte; i rami sono ricchi di midollo con gemme terminali acuminate coperte da due squame verdi o brunastre; le foglie sono grandi, alterne, scabre, palmatolobate con 3-5 lobi irregolari, di colore verde scuro superiormente e più chiaro ed ugualmente scabre sulla parte inferiore; i fiori unisessuali molto piccoli, sono racchiusi all’interno di un ricettacolo (parte del fiore in cui sono inseriti i vari organi: stami, petali e sepali), carnoso, piriforme, ricco di zuccheri a maturità, di colore variabile dal verde al rossiccio fino al bluastro; Il frutto, detto siconio, è in realtà una infruttescenza (insieme di frutti all’interno di una struttura carnosa) di medie dimensioni con una piccola apertura apicale – ostiolo – che consente l’ingresso di un minuscolo imenottero (piccola vespa) pronubo (che svolge il ruolo dell’impollinazione). Anche se i veri frutti, in realtà, sono dei piccoli semi - acheni -che si sviluppano all’interno dell’infiorescenza, circondati da una polpa succulenta e dolce, che costituisce la parte edibile.
La specie comprende due forme botaniche che possono essere definite piante maschio e piante femmina. Dato che la prima: Caprifico (fico capro, cioè fecondatore) costituisce l’individuo che produce il polline con frutti non succulenti, né dolci e né commestibile, mentre la seconda: Fico vero, rappresenta la pianta femmina che produce frutti eduli con all’interno i semi. Anche se va precisato che in realtà il caprifico contiene nel frutto sia la parte femminile (ovari adatti a ricevere il polline), che la parte maschile (che produce polline). Parte femminile che però è modificata da un microscopico insetto: Blastophaga psenes che vive negli ovari trasformandoli in galle (escrescenze prodotte da punture di insetti), rendendoli sterili. Motivo per cui il caprifico svolge esclusivamente una funzione maschile, producendo polline che le femmine della vespa che alleva, uscendo cariche di polline, volano verso altri siconi dove, tentando di entrare attraverso l’ostiolo (piccola apertura situata nella parte superiore del siconio) dei fichi eduli per deporre le uova, rilasciano il polline sugli stigmi ( parte superiore del pistillo) dei fiori femminili, e dopo aver deposto le uova e svolto il loro ruolo di impollinazione, muoiono.
Onde l’interrogativo “Come. nascono i fichi dal sacrificio di una vespa?” Interrogativo che trova risposta nella seguente spiegazione: quando si taglia un fico a metà si possono vedere tanti piccoli filamenti, che erano dei piccoli fiori che sono sbocciati e che si sono trasformati in “polpa” creando il frutto. Tuttavia affinchè un fiore si trasformi in frutto ha bisogno di essere impollinato. Nel caso del fico l’impollinazione non può essere fatta solo dall’azione del vento (anemofila), ma ha bisogno dell’aiuto extra fornito dalla Blastophaga psenes, comunemente conosciuta come la vesta del fico. E poiché né il fico né la vespa possono fare a meno l’uno dell’altro, si stabilisce un mutualismo obbligato. In pratica, come già precisato, la vespa femmina entra nel frutto attraverso una piccola fessura chiamata ostiolo perdendo antere e ali, per depositare sia il polline che le sue uova nelle gallerie interne, per poi perire. Mentre i fichi maturano, le vespe maschio, prive di ali, crescono per prime ed emergono dalle gallerie fecondando le femmine che sono ancora rinchiuse, oltre a scavare un tunnel da cui le nuove vespe femmina, una volta cresciute, potranno uscire ed andare alla ricerca di altri alberi di fico da fecondare. Mentre le vespe maschio rimangono intrappolate nel fico e vi muoiono . Il che non significa che si mangiano i fichi con i resti di vespe, in quanto queste vengono “digerite” (scomposte) dalla ficina (enzima che si trova nel lattice del fico ed è in grado di degradare le proteine). Ciò esclude la valenza della raccomandazione derivante dalla diceria: “di non mangiare il fico intero , ma di spezzarlo prima, perché potrebbe esserci una vespa dentro”
Però nel tempo, oltre al descritto procedimento di formazione del frutto, tramite la genetica, sono stąte selezionate una grande varietà di fichi commestibili a maturazione “partenocarpica” (che avviene senza la fecondazione degli ovuli, e quindi privi di semi, o con semi vuoti e non vitali), che costituiscono la maggior parte dei fichi coltivati denominati “permanenti” , dato che rimangono sulla pianta anche se non sono stati fecondati, a differenza dei “caduchi” che, in assenza di fecondazione, cadono al suolo immaturi.
Anche se alcune, tra le varietà più pregiate (con caratteristiche più adatte per l’essiccazione), sono caduche, (come la varietà turca Smirne), cioè coltivabili solo dove è assicurato il completo ciclo vitale della Blastophaga.
Il fico commestibile, a sua volta, comprende tre tipi di siconi che hanno, annualmente, distinte fruttificazioni denominate:
Fioroni, che si formano da gemme dell’autunno precedente e maturano alla fine della primavera o all’inizio dell’estąte:
Forniti o pedagnoli, che provengono da gemme primaverili e maturano alla fine dell’estąte dello stesso anno;
Cimaruoli, prodotti da gemme di sommità sviluppatesi nell’estąte e maturano nel tardo autunno.
Per cui, esistono:
varietà che producono solo Fioroni, altre che producono solo Forniti ed altre ancora che producono entrambe. Mentre le varietà con tripla fruttificazione sono pochissime, e con la terza fruttificazione pressoché irrilevante. Pertanto, per ovvi motivi di favorevoli condizioni climatiche , di norma, i Forniti detengono le caratteristiche di eccellenza, sia per quanto concerne la succosità che la dolcezza; anche se i Fioroni, per contro, vantano il pregio della precoce maturazione;
e varietà:
unifere: che producono solo una fruttificazione all’anno, come la: Meloncello, Catano, Brogiotto nero, Negretta e Verdino;
e bifere: che producono Fioroni sui rametti dell’anno precedente e fichi estivi-autunnali su quelli dell’anno, a loro volta:
- caprificabili, come la Fracazzano e Napoletano;
- e partenocarpiche, come la Ottano o Dottato e la Del Vescovo.
(Segue RIPRODUZIONE DELLE PIU’ DIFFUSE VARIETA’ DI FICHI)
Luogo di origine:
Asia occidentale, probabilmente nell’area compresa tra l’Iran e l’Arabia, ma introdotto da tempo immemorabile nei paesi del bacino del Mediterraneo (Europa, Africa e Asia).
Particolari della struttura e morfologia:
E’ un albero dal fusto corto, contorto e ramoso che può raggiungere altezze di 6 – 10 m; la chioma ha una forma tipicamente espansa, larga e irregolare, spesso descritta a cupola, con le branche più basse che tendono a dipartirsi orizzontalmente, contribuendo a conferirle la forma allargata; la corteccia è finemente rugosa e di colore grigio-cenerino; i rami, la cui linfa è un lattice di colore bianco irritante ed acre (per cui se necessita addentrarsi nella chioma con clima caldo e soprattutto soleggiato, è consigliabile indossare camicia a maniche lunghe, ed in caso di manifestazione d’irritazione, evitare l’ulteriore esposizione ai raggi ultravioletti del sole, risciacquare con acqua la parte irritata e rimanere per qualche ora lontano dall’irraggiamento solare, anche indiretto) sono ricchi di midollo (che conferisce al legno una debole consistenza, tanto che, in seguito ad una arrampicata per la raccolta dei frutti o la potatura, quelli sollecitati da un eventuale urto, a prescindere dallo spessore, possono spezzarsi senza preavviso) con gemme terminali acuminate coperte da 2 squame verdi o brunastre; le foglie sono grandi , scabre, oblunghe con 3 – 5 lobi, di colore verde scuro sulla parte superiore e più chiare ed ugualmente scabre sulla pagina inferiore; i frutti, o meglio, come già precisato, trattasi di ’infruttescenzae, di medie dimensioni, carnose ricche di zuccheri, piriformi di colore variabile dal verde al rossiccio fino al bluastro-violaceo, internamente cave contenenti i piccolissimi fiori o semi; l’apparato radicale, robusto ed esteso, consente alla pianta di resistere bene alla siccità e adattarsi ai terreni salsi e incolti ed è efficace nella ricerca dell’acqua, anche in maniera invasiva, tanto che in un giardino può penetrare in cisterne, condotti e scantinati. Il fico, inoltre, è una delle rare piante da frutto che resiste, senza problemi, in tutte le fasi vegetative, ai venti salmastri.
Longevità:
In genere, la durata della vita vegetativa della pianta è di 50 anni, anche se talvolta, in condizioni favorevoli, può giungere ad oltre 70 anni. Con inizio della produzione intorno al quinto anno di età e il raggiungimento del picco fra i 30 e i 40 anni, per poi decrescere gradualmente.
Esigenze:
Clima: anche se si adatta ad una vasta gamma di condizioni, la pianta trova le condizioni ottimali in ambienti caldi con inverni miti, esposizione alla luce solare e temperature di 20 -30 °C , sia per la crescita che per la fruttificazione di qualità;
Terreno: di qualsiasi tipo, anche calcareo, purchè sciolto O non troppo argilloso, ricco di sostanza organica, ben drenato (privo di ristagni di acqua, possibile causa di marciume radicale) e con un grado di acidità leggermente acido o neutro, con valori di Ph (indice del grado di acidità o basicità) 6 – 7,5. In caso di eccesso di alcalinità o acidità, che potrebbe impedire alla pianta di assorbire i nutrienti necessari, è possibile effettuare, delle correzioni con l’apporto, rispettivamente, di zolfo e calce;
Concimazione: predilige terreni ricchi di sostanza organica, da apportare tramite somministrazione di compost o letame ben decomposto o con sovescio (coltivazione di piante che vengono fatte crescere e interrate in fase di fioritura) di leguminose, integrata, all’inizio delle primavera, con fertilizzanti bilanciati a base di potassio -K- fosforo -P- e meno azoto -N- per evitare di stimolare eccessivamente la rigogliosità vegetativa a discapito della fruttificazione ;
Irrigazione: regolare, per impedire che il terreno si asciughi completamente, specie durante la stagione di crescita e di produzione;
Potatura:
verde: va eseguita regolarmente, tra marzo e maggio, per eliminare i polloni (ricacci della base del tronco) con il taglio a raso terra e i succhioni (rami improduttivi a portamento verticale presenti all’interno della chioma), per evitare di sottrarre utili energie alla pianta;
di produzione: da eseguire, in inverno o inizio di marzo, solo quando necessita, per rimuovere rami secchi, malati e spezzati e quelli in eccesso. per evitare condizioni di aduggiamento all’interno della chioma e garantire uniformità di penetrazione di aria e luce solare e la regolarità quali-quantitativa della produzione. Con l’accortezza, visto che l’albero fruttifica sulle gemme apicali, di eliminare i rami superflui dalla base e non accorciarli, per non renderli improduttivi;
di mantenimento della regolarità dell’impalcatura e del vigore vegetativo: consistente nell’ eliminazione di eventuali rami che prendendo troppo vigore, diventano concorrenziali rispetto alle branche principali, e nell’effettuare il cosiddetto taglio di ritorno, attraverso la troncatura di un ramo principale, poco dopo una diramazione secondaria, per trasformarlo in ramo giovane in prosieguo di quello principale .
Moltiplicazione:
per talea: si effettua prelevando dalla pianta madre, preferibilmente a marzo, (in fase di riposo vegetativo, ma prossima al risveglio) un rametto di 2-3 anni della lunghezza di 20-25 cm, con una o più gemme,che dopo aver asportando le eventuali foglie presenti lungo il tratto inferiore e mantenute quelle della parte apicale, va posto in un vasetto, interrandolo per circa 10 cm in una composta di terriccio e torba, coprendolo con una bottiglia di plastica tagliata a metà, per mantenere una costante umidità, tramite una regolare irrigazione, con l’accortezza, , di tanto in tanto, di garantire la circolazione dell’aria, per evitare l’insorgenza di marciumi. Accorgimenti che, dopo circa tre settimane, dovrebbero consentire al ramo di emettere radici e dar vita ad una nuova pianta che potrà essere trapiantata;
per polloni: ottenibile legando, ad inizio estąte, con un filo di ferro ben stretto, appena sopra il livello del terreno, il piede del pollone, ricoprendolo con circa 20 cm di terra che va da mantenuta umida per tutto il periodo estivo. Procedimento che a novembre successivo dovrebbe consentire lo sviluppo del le radici, e quindi la formazione di una nuova pianta pronta per il trapianto.
Trapianto :
il periodo più indicato per effettuarlo è tra ottobre ed aprile, escludendo le giornate molto rigide, attraverso lo scavo di una buca di almeno 50 cm profonda e di pari diametro, ancor meglio se di cm 70 x70 , specie in presenza di terreno compatto e argilloso, per far si che le radici abbiano intorno terreno facilmente permeabile. Con l’accortezza, al fine di mantenere la naturale fertilità del suolo, di separare la terra dei primi 20 cm da quella estratta più in profondità, in modo che quando si dovrà riempire la buca si potrà inserire prima la terra che stava più in basso e tenere per ultima quella rimossa in superficie. In quanto lo strato superficiale contiene molti microrganismi utili che necessitano di ossigeno per vivere. Microrganismi che se venissero sotterrati in profondità morirebbero, privando l’apparato radicale dei tanti benefici derivanti dalla loro presenza.
Utilizzazioni e proprietà medicinali:
il lattice (emulsione di aspetto lattiginoso di colore bianco e consistenza collosa), dalle proprietà emmenagoghe (che stimolano il flusso sanguigno nella zona pelvica e nell’utero e, in qualche caso, favoriscono le mestruazioni), antinfiammatorie, espettoranti e digestive. In passato è stato usato per far cagliare (coagulare) il contenuto proteico del latte (caseina), per la produzione artigianale del formaggio. Oppure veniva aggiunto al tuorlo dell’uovo nella preparazione del legante, per il metodo di tecnica pittorica diffusa nel Medioevo e nel Rinascimento;
le gemme fresche, grazie al contenuto di enzimi digestivi, regolarizzano la mobilità e la secrezione gastroduodenale, soprattutto in soggetti con reazioni psicosomatiche (consistenti in emozioni o stress che possono tradursi in sintomi fisici, come mal di testa, dolori muscolari, problemi gastrointestinali , anche se se non esiste una plausibile causa) non gestiti adeguatamente a livello gastrointestinale;
le foglie, raccolte da maggio ad agosto e fatte essiccare lentamente, contengono:
furocumarine (composti chimici naturali che a contatto con la pelle la rendono più sensibile agli effetti dannosi del sole e possono causare reazioni cutanee infiammatorie -fitofotodermatite-, caratterizzate da rossore, gonfiore, vesciche ed anche pigmentazioni persistenti);
bergaptene (sostanza chimica -furanocumarina) , nota per la sua capacità di rendere la pelle più sensibile alla luce –fotosensibilizzazione- . Il che significa che l’esposizione al sole o a lampade UV, può causare scottature o irritazioni);
psoralene (composto chimico che aumenta la sensibilità della pelle alla luce ultravioletta –UVA- . Composto che viene utilizzato in combinazione con l’irradiazione UVA, in una terapia chiamata foto chemioterapia - PUVA- per trattare diverse patologie, come psoriasi e vitiligine);
curmarina (composto organico naturale, appartenente alla famiglia delle benzopiranoni, noto per il suo profumo dolce, simile al fieno o alla vaniglia, utilizzato in profumeria, cosmesi ed , in alcuni casi, in ambito farmaceutico);;
lattice: sostanza dalle caratteristiche sopra descritte.
frutti immaturi e giovani rametti: il lattice dei quali che sgorga dai loro tagli contiene amilasi e proteasi (tipi di enzimi che, nel caso specifico, aiutano a scomporre i carboidrati e le proteine), può essere impiegato, per uso esterno, per eliminare calli e verruche, grazie all’azione caustica e proteolitica (di degradazione delle proteine in piccoli frammenti: peptidi o amminoacidi). Anche se con cautela, essendo ustionante ed irritante per la pelle e pericoloso se applicato su estese superfici, specie se esposte alla radiazione solare;
frutti freschi: che se consumati in quantità hanno un effetto lassativo;
frutti essiccati: la cui ingestione produce effetti emollienti (che svolge azione di protezione delle mucose, di attenuazione delle irritazioni, di ammorbidimento dei tessuti, oltre a rendere più elastici gli strati superficiali della pelle) espettoranti e lassativi;
Proprietà nutrizionali:
i fichi sono un’ottima fonte di:
fibre, che favoriscono la digestione e contribuiscono al senso di sazietà;
vitamine K, B6, niacina (vitamina B3 e PP) e acido folico;
sali minerali, come: potassio, calcio, magnesio e ferro;
antiossidanti, come polifenoli, che contribuiscono a ridurre lo stress ossidativo nel corpo;
zuccheri, quali glucosio e fruttosio che erogano energia naturale;
Impieghi culinari per:
consumo fresco: sia da soli che aggiunti in insalate o combinati con formaggi;
confezione di marmellate e conserve;
preparazione di dolci e dessert: costituiscono un ottimo ingrediente per la preparazione di crostąte, torte, biscotti, gelati e persino cioccolato;
accompagnamento salato: abbinati a formaggi, prosciutto crudo e piatti di carne.
Malattie e parassiti: il fico, anche se in genere non era particolarmente colpito da intensi attacchi, da qualche anno ha subito ingenti danni imputabili a sopraggiunti tipologie di infestazioni causate da alcuni temibili parassiti di seguito descritti:
Punteruolo nero – Scyphophorus acupunctatus - : trattasi di un coleottero della lunghezza di circa 2 cm totalmente nero, originario dell’America centrale, giunto accidentalmente in Italia intorno alla metà degli anni ’90 e diffusosi rapidamente nelle regioni centro meridionali, dove si è rivelato il più temibile parassita della pianta. In quanto è dotato di un rostro con il quale riesce a penetrare il legno lungo la zona del colletto e a depositarvi le uova. Uova dalle quali nascono larve che rodono la corteccia e il legno interno delle radici, compromettendo il flusso della linfa e la vitalità della pianta, oltre a nutrirsi dei frutti, che vengono completamente svuotate e fatti marcire. Il che rende difficile contenere gli attacchi, anche perché ancora non sono stati individuati efficaci predatori con cui impostare programmi di lotta biologica. Pertanto, allo stato attuale, l’unico rimedio consiste nell’osservare frequentemente le piante, e nel caso si riscontrino i primi fori in prossimità della base, disinfettare la parte interessata con Poltiglia Bordolese (a base di solfato di rame e calce) e irrorarla, per 2-3 volte, con una sospensione di spore del BEAUVERIA BASSIANA (in commercio esistente in diverse formulazioni denominate NATURALIS Biogard), preferibilmente la sera o al mattino presto, assicurando una buona bagnatura della vegetazione. Tuttavia, in condizioni di estesa infestazione, l’unico metodo per eliminare con certezza il parassita è quello di estirpare la pianta e distruggerla con il fuoco;
Coleottero cerambicide – Psacothea hilaris- la cui larva scava gallerie all’interno del tronco portando, con il tempo, a morte la pianta. Per impedirne la diffusione si consiglia una metodologia di lotta basata su:
prevenzione: consistente nel controllo, da marzo a giugno, della pianta per la rimozione manuale degli adulti, onde limitare la loro riproduzione; cura della pianta: rimuovendo i ristagni d’acqua, alla base e gestendo correttamente la chioma, per ridurre le are di nidificazione; applicazione di barriere fisiche: posizionando sul fusto, a circa 15 cm dal colletto, del nastro di carta cosparso di colla per insetti, per intrappolarli;
trattamenti biologici e con prodotti naturali, come: Nematodi entomopatogeni (che parassitano gli insetti provocandone la morte) – Steinemama carpocapsae (capsanem), per agire sulle larve nel suolo o nelle gallerie; Funghi entomapatogeni a base di Beauvenia bassiana da spruzzare sul tronco e sulle foglie per colpire gli adulti; Olio di Neem, o Sapone molle potassico, da spruzzare sulla pianta per soffocare gli insetti e interrompere il ciclo vitale; Galline, da introdurre in uno spazio recintato intorno alla pianta, per far catturare ed eliminare gli insetti mangiandoli; Rimozione delle piante, distruggendole con il fuoco, in caso risultino compromesse da gravi infestazioni, per evitare la diffusione del coleottero;
Efestia – Ephestia cautella o Falena del fico: temibilissimo lepidottero per la produzione dei fichi secchi, dato che le larve rodono l’interno del frutto riempiendolo di escrementi, mentre le femmine adulte depongono le uova sui fichi che cominciano a seccare sull’albero o sui frutti esposti al sole per completare l’essiccamento. Per difendersi dagli effetti dell’infestazione si possono adottare metodi:
preventivi, come: eliminazione, in autunno, dei residui vegetali, e di tutte le foglie cadute, per ridurre il numero di crisalidi svernanti, poiché l’insetto trascorre l’inverno appunto sotto forma di crisalide in bozzoli sericei;
di controllo biologico e naturale: - posizionando trappole a base di vino, zucchero, cannella e chiodi di garofano, per attirare e catturare le falene adulte, onde limitare l’ovodeposizione sui fichi; - o effettuando trattamenti a base di Bacillus thuringiennsis, per colpire le larve all’interno dei fichi o, in alternativa, nebulizzando una soluzione di Zeolite e silicato di sodio o potassio, per creare una patina protettiva sulla superficie dei frutti;
Cocciniglia del fico o cocciniglia elmetto (della forma che ricorda l’elmo militare) - Ceroplastes Sinensis - : è un piccolo insetto, particolarmente diffuso in Liguria, Toscana, Sardegna e Sicilia, dotato di scudetto rigido e piatto di colore bianco che, a partire da maggio, si attacca ai rametti ed alle foglie. Il danno prodotto è dovuto: alla distruzione delle foglie delle quali si nutre; alla intensa produzione di melata ed al successivo sviluppo di fumaggine, che determina l’occlusione degli stomi utili per la respirazione e l’impedimento del vitale processo foto sintetico. Per impedire la diffusione dell’insetto si possono praticare delle irrorazioni con macerati di felce (ampiamente presente nel sottobosco) o, per infestazioni consistenti, effettuando, in ore serali, irrorazioni a base di alcol, aceto o sapone di Marsiglia diluito, od emulsione di oli minerali sulle parti della pianta dove il parassita è presente;
Cocciniglia di S. Josè – Quadraspidiotus perniciosus- : a differenza della precedente specie, infesta tutte le parti della pianta con una predilezione per frutti, rami e tronco, che ricopre con una crosta fittissima di scudetti. Le sue punture provocano macchioline rossastre sulle parti colpite, malformazioni nei frutti ed un progressivo deperimento dell’intera pianta;
Uccelli (Merli, Storni, Beccafichi e Rigogoli o BeccaficHI realI), la cui predilezione per i frutti maturi, può causare ingenti danni, sia mangiandoli parzialmente, che provocandone la caduta a terra . Per cui, specie in ambienti più esposti a tale tipologia di attacchi, per salvare la produzione occorre impiegare dei dispositivi dissuasori, quali:
Reti anti-uccello che, costituendo una barriera fisica, sia su singoli alberi che su intere aree, impedisce agli animali di raggiungere i fichi;
Palloni dissuasori: da appendere agli alberi, con riportanti disegni spaventosi per gli uccelli, in seguito al movimento impresso dal vento;
Nastri riflettenti, CD o strisce di alluminio: che appesi ai rami, creano un effetto abbagliante che infastidendo gli uccelli li tengono lontani;
Spaventa passeri o sagome di predatori: che però dopo un buon effetto iniziale, a lungo termine, divengono poco efficaci;
Dissuasori sonori: dispositivi disponibili in commercio, che emettono ultrasuoni o suoni di predatori che infastidiscono gli uccelli;
Dissuasori olfattivi: sono repellenti a base di oli essenziali che applicati su spugne o altri supporti, diffondono un odore sgradevole per i voraci uccelli;
Repellenti naturali, quali: rosmarino, basilico e menta da piantare intorno all’albero, il cui odore sgradevole contribuisce a tener lontani i volatili;
Moria del Fico: trattasi di una malattia causata dal fungo, Ceraticystis ficicola che provoca: avvizzimento (ingiallimento precoce e successiva caduta) fogliare, disseccamento dei rami a partire da quelli più giovani, cancri sulla corteccia, fessurazioni sulla tronco e scolorimento interno del legno. Tanto da causare il deperimento e la morte della pianta. La diffusione avviene tramite il suolo contaminato tramite il materiale vegetale infetto, che quindi deve essere tempestivamente raccolto e bruciato;
Antracnosi – Ascochyta caricae - : è un fungo che si manifesta sulle foglie con tacche bruno-rossastre arrotondate o allungate lungo le nervature, al centro delle quali avviene il disseccamento dei tessuti e la comparsa dei picnidi (strutture riproduttive a forma di sacco);
Vaiolatura – Cercospora bolleana - : fungo che provoca macchie olivacee sulla nervatura delle foglie. Macchie che confluendo formano grandi chiazze brunastre che determinano l’accartocciamento e la caduta precoce delle stesse foglie;
Ruggine – Uredo fici - : fungo che attacca le foglie producendo sulla pagina superiore delle macchie gialle e, in corrispondenza, sulla pagina inferiore, i sori (strutture che producono le spore) giallo-bruni , causandone la prematura caduta e il ritardo della maturazione dei frutti;
Mal secco – Bacterium fici - : batterio (organismo vivente completo, capace di riprodursi autonomamente), in seguito alla cui infezione il tronco diventa di colore bruno, i rami anneriscono e disseccano emettendo, a volte, un liquido vischioso. D’estąte colpisce anche le foglie che, in un primo momento, presentano macchie decolorate che diventano nerastre, per poi disseccarsi e frantumarsi;
Mosaico – Fig mosaic emaravirus o Emaravirus fici- : è un virus (entità biologica non vivente che essendo privi di una struttura cellulare completa, non dispone di metabolismo autonomo e per riprodursi necessita del supporto di una cellula ospite) che attacca frutti, rametti e foglie che presentano aree giallognole di varie dimensioni, seguite da necrosi delle zone internervali o delle nervature con evidenti malformazioni. Malformazioni che interessano anche i frutti provocandone la caduta precoce. Il vettore principale della diffusione del virus è un acaro: piccolo parassita, difficile da individuare ad occhio nudo, che attacca le piante di fico nutrendosi della linfa delle foglie causandone la deformazione e, nei casi gravi , la defogliazione. Per cui, quando si notano i primi sintomi, per evitare danni maggiori, è importante agire tempestivamente con trattamenti specifici a base di acaricidi;
Colletotricosi – Colketotrichum caricae - : fungo che provoca la marcescenza e la caduta dei frutti immaturi, che dapprima mostrano tacche depresse e isolate successivamente confluenti in chiazze brune al centro e più chiare in periferia. Per minimizzare i danni è fondamentale adottare pratiche:
preventive, quali: - rimozione e bruciatura di frutti e rami infetti, nonché della pianta se interamente colpita; - esecuzione di una potatura che favorisca una buona ventilazione all’interno della chiome per ridurre l’umidità; - utilizzazione della pacciamatura, per coprire il terreno ed impedire che i frutti caduti e marci possano contaminare le radici;
curative per infezioni gravi: consistenti nel trattare la pianta con soluzioni a base di solfato di rame dall’azione fungicida e antibatterica, o con preparati a base del fungo entomopatogeno Beuveria bassiana, per combattere il Punteruolo nero, diffusore dell’infezione fungina.
Comunque, in genere, per prevenire la maggior parte delle affezioni patogene del fico occorre porre la pianta in condizioni vitali ottimali di irraggiamento solare e circolazioni dell’aria, di composizione e umidità del suolo e di riparo dal vento, ancor prima dell’uso di prodotti specifici;
(Segue ILLUSTRAZIONE DEI PIU’ DIFFUSI PARASSITI DEL FICO)
Curiosità storico- mitologiche:
Nell’immaginario collettivo, il fico potrebbe essere stato il frutto dell’Albero della Conoscenza nel Paradiso Terrestre, al posto della mela. Tant’è che Michelangelo nella Cappella Sistina, lo rappresenta in questa veste. Nel vecchio Testamento infatti, il termine latino “pomum”non indicava una mela specifica, ma un frutto generico, ed inoltre le foglie di fico furono il primo “indumento” di Adamo ed Eva, per coprire la nudità. Da qui, la pianta è divenuta simbolo di passione amorosa e di unione tra maschile e femminile;
La Bibbia cita il fico come l’albero sotto il quale Adamo ed Eva si ripararono dopo il peccato originale;
I romani consideravano il fico una pianta sacra, apprezzavano i fichi per le loro proprietà energetiche, li usavano nella produzione di formaggi con caglio vegetale ed era usanza regalarli insieme al miele, come augurio per un anno felice;
Platone, noto amante dei fichi, li considerava un alimento essenziale per stimolare l’intelletto. Mentre Plinio il Vecchio descriveva i fichi come un alimenti che rafforzava i giovani e migliorava la salute degli anziani, anche attenuando le rughe;
In Grecia, il fico era chiamato “sykon” ed era talmente importante che fu necessario costituire una classe dirigente : i “sincofanti”, per controllare il suo commercio;
Nella tradizione antica il fico riveste un significato di immortalità e di abbondanza. Esso rappresenta anche l’asse del mondo, che collega la terra al cielo. Nell’antichità poi, attraverso le foglie dell’albero, si praticava la “ psicomanzia” come metodo di divinazione;
Il fico, in molte culture antiche, era considerato un simbolo di fertilità, abbondanza e prosperità, per il legame della forma con il significato fallico dovuto all’aspetto del frutto ed alla sua apertura, che ricorda vagamente gli organi genitali maschili. In Grecia era associato al sesso femminile- Infatti, durante le Falloferie: feste religiose in cui si portava in processione simboli fallici,alcune donne portavano ceste di fichi, sottolineando ulteriormente questa connessione. Ed anche a Roma aveva una forte connotazione fallica, come si evince dall’uso del termine “fica” (forma femminile dialettale) ;
Si narra che sotto un fico selvatico: il fico Ruminale - Ficus Ruminalis- (termine che richiama il concetto di allattamento e nutrimento, collegandosi alla dea Ruminia e al latte materno) si arenò la cesta contenente Romolo e Remo, dove furono allattati dalla lupa. Il fico ruminale inoltre era considerato sacro ed aveva un ruolo importante nel rituale religioso romano, con offerte di latte dedicate alla da Ruminia;
Nel vangelo di Luca (13,6-9) si narra” la parabola del fico sterile”, dove un uomo (che rappresenta Dio, che giudica le azioni e i frutti della terra) che aveva una vigna (che rappresenta il popolo di Dio, con le sue opportunità e le sue responsabilità) con un fico ( che simboleggia il il singolo individuo, che non porta frutti spirituali) che no produceva frutti da tre anni. L’uomo irritato, voleva tagliarlo , ma il vignaiolo (che rappresenta Gesù, che intercede per gli altri e offre opportunità di ravvedimento e cambiamento) lo implorò di dargli ancora un anno di tempo (.che simboleggia la pazienza di Dio e il suo desiderio di dare a tutti la possibilità di convertirsi) per zapparlo e concimarlo, nella speranza che producesse frutti l’anno successivo. E se non fosse stato così, allora sarebbe stato tagliato (simboleggia il giudizio finale, se la persona non si ravvede e non porta frutto). La parabola sottolinea l’importanza: - della necessità del ravvedimento e di portare frutti spirituali, come opere di carità, amore verso il prossimo e di una vita conforme agli insegnamenti di Cristo; - della riflessione sulla propria vita, sulla necessità di pentirsi dei propri peccati e di cercare una relazione più profonda con Dio; della misericordia di Dio , che offre sempre una possibilità di salvezza, anche a chi sembra aver fallito . Parabola che può essere applicata sia a livello individuale che collettivo, ricordando che Dio guarda al cuore e alla sostanza delle azioni, non solo dell’apparenza;
In ambito religioso e culturale, il Fico è sicuramente legato all’importanza che la pianta rivestiva nell’alimentazione. Esso infatti, come testimonia Plinio, fu uno dei frutti più diffusi in area mediterranea durante l’antichità, tanto da costituire la base della vita quotidiana ed essere utilizzato per definire, in termini dispregiativi sykofantia, cioè modo di intendere la lotta politica ad Atene. Infatti il sicofante, era colui che denunciava i ladri di fichi, e chi esportava i fichi dell’Attica (parte meridionale della penisola Balcanica comprendente la città di Atene). Poiché esportare questi frutti significava sottrarre l’alimento principale dei più poveri;
Sempre Plinio in un aneddoto che vede protagonisti i fichi, racconta che un certo Elicone, abitante delle Alpi Elvezie (svizzere), dopo aver a lungo esercitato il mestiere di fabbro a Roma,tornando in patria portò con sé dei fichi secchi, oltre che dell’uva, dell’olio e del vino. Per cui si dice che questo fu il motivo della discesa in Italia dei Galli (popolazione di stirpe celtica che, nell’antichità, abitarono gran parte dell’Europa continentale), che attraversarono le aspre e insuperabili montagne della Alpi per poter godere di tali prelibatezze;
Una leggenda riferisce che Catone (234 a.C. – 149 a. C NELLE SPONDE DEL ,), infiammato dal suo odio contro Cartagine , e preoccupato per la sicurezza futura di Roma, in ogni riunione del senato, proclamasse che Cartagine (fondata nel IX secolo a.C. sulle sponde de Golfo di Tunisi) doveva essere distrutta. Un giorno portò un fico proveniente da quella provincia, e mostrandolo ai senatori, chiese quando, a loro parere, quel frutto fosse stato raccolto dall’albero, ed avendo tutti constatato che era fresco, rivelò come IL frutto fosse stato raccolto a Cartagine solo tre giorni prima, a dimostrazione di quanto il nemico fosse vicino alle loro mura. Da lì, la decisione di intraprendere la terza guerra punica (149 -146 a.C.), che portò appunto la distruzione di Cartagine. Dunque una città così importante, che per più di 100 anni aveva conteso a Roma il dominio sul mondo, dovette la sua fine ad un fico;
La figura di Demetra (Cerere nella mitologia romana) nella mitologia greca è la dea dell’agricoltura, della fertilità, del raccolto e anche della natura e delle stagioni. Un suo tempio e della figlia Kore si trovava nell’antica Attica, vicino alla via che portava da Atene ad Eleusi. Secondo una tradizione orale raccontata da Pausania il Periegeta (II secolo d.C.),in questo luogo, un certo Phytalos (il Piantatore) aveva accolto in casa sua Demetra alla ricerca della figlia scomparsa, e la dea, in cambio dell’ospitalità, gli aveva donato la pianta del fico domestico, a testimonianza che per gli ateniesi non era una pianta qualsiasi, bensì un simbolo e un dono divino per il progresso verso la civiltà.
Pianta di Fico più vecchia d’Italia.
Trattasi di un esemplare, definito patriarca verde, che vegeta presso l’antica abbazia di San Basilide a Badia Cavana (Parma), fondata intorno al 1100 su una verde altura da San Bernardo degli Uberti . E’ una pianta dall’età stimata di circa 800 anni dalla chioma eccezionale, visto che misura oltre 50 m di circonferenza, con un tronco composto da tanti fusti, che formano quasi un cespuglio dalle dimensioni del tutto inusuale. La cui caratteristica è quella di avere, alla base dell’ampia ceppaia, una sorgente di acqua. Nonostante ciò la secolare pianta ha superato il rischio di asfissia che la polla (vena d’acqua sotterranea che emerge in superficie da una fessura nel terreno, dando origine ad un rigagnolo o ad un ruscello) avrebbe potuto provocare, e vegeta rigogliosa in mezzo ad un prato, fornendo frutti abbondanti di varietà sconosciuta, ma dalle straordinarie caratteristiche. Tant’è che un clone (ramoscello copia geneticamente identico alla pianta madre) è stato conservato dalla Fondazione Villa Ghigi , per essere piantato nel frutteto della Biodiversità del parco agroalimentare Fabbrica Italiana Contadina (FICO) di Lataly Wind (una struttura a tema dedicata al cibo italiano), di prossima inaugurazione, a Bologna.
(Segue RIPRODUZIONE FOTO DEL FICO PIU’ ANTICO D’ITALIA E DEL SITO CHE LO OSPITA)
Oroscopo Celtico .
Oroscopo corrispondente al Segno Zodiacale Capricorno, comprendente i nati dal 14 al 23 giugno e dal 12 al 21 dicembre
I nati sotto il segno del Fico sono persone molto emotive che hanno bisogno di un ambiente capace di supportare il loro sviluppo e necessitano costantemente di aprire i loro orizzonti mentali e di sentirsi sicuri, per poter fare emergere le grandi qualità che possiedono. Quando si sentono sostenuti, infatti, si dimostrano persone in grado di portare novità importanti all’ambiente che li circonda, grazie alle innumerevoli idee che riescono a proporre e mettere in pratica con successo.
Pro:
essi sono artisti creativi sensibili sempre interessati a ciò che li circonda. Hanno l’innata capacità di distinguersi sia per la loro percezione delle cose e delle idee, che per la loro immaginazione e per l’intuito.
Quando riescono a trovare un obiettivo da raggiungere, sono dei maestri nel riuscire ad armonizzare pensiero, sentimenti e azione per arrivare alla meta.
Contro:
essendo persone fortemente emotive, si dimostrano spesso ipersensibili, e per questo tendono ad indossare una corazza esterna che li protegga. Quando non hanno un qualcosa da raggiungere possono sentirsi eccessivamente tristi e depressi. In casi del genere possono sembrare addirittura deboli mentalmente e troppo imprevedibili.
Amore:
i nati sotto questo segno hanno bisogno, generalmente, di un partner disposto a contribuire a stimolare la loro creatività, l’intelligenza e la profondità d’animo. Se no l’hanno ancora trovato, purtroppo, c’è poco da fare in questo senso.
Salute:
il segno, oltre a rappresentare le qualità della persona, come per tutte le altre piante , ha dei legami con le proprietà curative delle piante associate e con specifiche potenziali problematiche o punti di forza di parti del corpo degli appartenenti, che risultano essere rispettivamente: Valeriana, Melissa, Crescione, Cumino e Lattuga e Torace, Pelle, Stomaco, Nervi e Psiche.
In sintesi, il Fico nonostante sia una pianta esteriormente poco appariscente, è ricca di fascino, di significati simbolici ed impieghi pratici, tali che gli hanno conferito una rilevanza fondamentale nella storia dell’umanità.
Natura e Botanica Conosciamo le nostre preziose "amiche" piante
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Natura e Botanica: Conosciamo le nostre preziose "amiche" piante
16/09/2025
Domenico Brancato
Il Fico
Il Fico trova riscontri in una storia millenaria menzionata in molte culture e tradizioni, e in virtù dei ritrovamenti archeologici che ne attestano la sua presenza già 11.000 anni fa, risulta essere una delle prime piante coltivate dall’uomo con profondi significati, sia nella religione che nella cultura popolare.
Classificazione botanica:
Classe: Magnoliopsida o Dicotiledoni
Ordine: Urticales
Famiglia: Moracee
Genere: Ficus
Specie e Nome scientifico: Ficus carica (in riferimento alle sue origini che vengono fatte risalire alla Caria: regione dell’Asia Minore. A testimonianza della sua coltivazione già nelle prime civiltà agricole di Palestina ed Egitto).
Origine etimologica del nome:
Il termine “fico” deriva Dal latino “ficus”, che a sua volta ha origini ancor più antiche, nel greco “syke”, anch’esso riferito all’albero del fico e al suo frutto. Inoltre, il termine “ficus” in latino ha la stessa radice del verbo “facere” (fare) , che denota un legame con la capacità del frutto di prodursi, crescere e svilupparsi. Il che dimostra come il nome del frutto e dell’albero del Fico ha una storia che attraversa diverse lingue e culture fin dai tempi remoti.
La parola “fico” però, pur avendo mantenuto il suo significato originale, nel tempo ha acquisito anche significati metaforici, spesso legati alla sua forma o alla sua presenza in espressioni popolari. I riferimenti letterari basati su tale parallelo trovano riscontro anche nel significato di attributo genitale femminile annotato già da Aristotele ( 2300 a.C.). Poiché il termine “fica”deriva dal siriano “pequ” e dal precedente accadico (lingua semitica estinta, parlata nell’antica Mesopotamia) “piqu”, ovvero “sigu”: nome riferito all’organo sessuale femminile (nel senso di varco, fessura), onde il nome del frutto per analogia.
Così, in italiano antico “fica” indicava sia l’albero che il frutto, ma successivamente ha assunto anche il significato metaforico di organo sessuale femminile.
“Figo” e “fico” poi, in italiano colloquiale, secondo Accademia della Crusca e Treccani , hanno entrambi lo stesso significato : “bello”, “forte”, “ganzo”. Anche se “figo” e “figa” sono una forma più informale , spesso utilizzata nella parlata giovanile , per indicare qualcosa di particolarmente affascinante.
Luogo di origine:
Il fico (Ficus carica) è originario dell’Asia occidentale , probabilmente dell’area compresa tra l’Iran e l’Arabia. Anche se la capacità di questa pianta di adattarsi ad una vasta gamma di climi, e di fornire un alimento considerato prezioso, ha contribuito alla sua rapida diffusione in molte parti del mondo fin dall’antichità, come: la regione del Mediterraneo (Grecia, Italia, Spagna, Turchia e Nord Africa), seguita da India, Cina , Giappone, Australia e Stati Uniti.
Caratteristiche componenti struttura:
è una pianta xerofila (che si adatta a vivere in ambienti aridi e secchi), eliofila (che vegeta ottimamente alla diretta e forte luce solare), caducifoglia (che perde annualmente le foglie) e latifoglia, dal fusto contorto con numerosi fragili rami formanti una chioma schiacciata che può raggiungere e altezze di 6 – 10 m; la corteccia è finemente rugosa di colore grigio-cenerino; la linfa è di un bianco latte; i rami sono ricchi di midollo con gemme terminali acuminate coperte da due squame verdi o brunastre; le foglie sono grandi, alterne, scabre, palmatolobate con 3-5 lobi irregolari, di colore verde scuro superiormente e più chiaro ed ugualmente scabre sulla parte inferiore; i fiori unisessuali molto piccoli, sono racchiusi all’interno di un ricettacolo (parte del fiore in cui sono inseriti i vari organi: stami, petali e sepali), carnoso, piriforme, ricco di zuccheri a maturità, di colore variabile dal verde al rossiccio fino al bluastro; Il frutto, detto siconio, è in realtà una infruttescenza (insieme di frutti all’interno di una struttura carnosa) di medie dimensioni con una piccola apertura apicale – ostiolo – che consente l’ingresso di un minuscolo imenottero (piccola vespa) pronubo (che svolge il ruolo dell’impollinazione). Anche se i veri frutti, in realtà, sono dei piccoli semi - acheni -che si sviluppano all’interno dell’infiorescenza, circondati da una polpa succulenta e dolce, che costituisce la parte edibile.
La specie comprende due forme botaniche che possono essere definite piante maschio e piante femmina. Dato che la prima: Caprifico (fico capro, cioè fecondatore) costituisce l’individuo che produce il polline con frutti non succulenti, né dolci e né commestibile, mentre la seconda: Fico vero, rappresenta la pianta femmina che produce frutti eduli con all’interno i semi. Anche se va precisato che in realtà il caprifico contiene nel frutto sia la parte femminile (ovari adatti a ricevere il polline), che la parte maschile (che produce polline). Parte femminile che però è modificata da un microscopico insetto: Blastophaga psenes che vive negli ovari trasformandoli in galle (escrescenze prodotte da punture di insetti), rendendoli sterili. Motivo per cui il caprifico svolge esclusivamente una funzione maschile, producendo polline che le femmine della vespa che alleva, uscendo cariche di polline, volano verso altri siconi dove, tentando di entrare attraverso l’ostiolo (piccola apertura situata nella parte superiore del siconio) dei fichi eduli per deporre le uova, rilasciano il polline sugli stigmi ( parte superiore del pistillo) dei fiori femminili, e dopo aver deposto le uova e svolto il loro ruolo di impollinazione, muoiono.
Onde l’interrogativo “Come. nascono i fichi dal sacrificio di una vespa?” Interrogativo che trova risposta nella seguente spiegazione: quando si taglia un fico a metà si possono vedere tanti piccoli filamenti, che erano dei piccoli fiori che sono sbocciati e che si sono trasformati in “polpa” creando il frutto. Tuttavia affinchè un fiore si trasformi in frutto ha bisogno di essere impollinato. Nel caso del fico l’impollinazione non può essere fatta solo dall’azione del vento (anemofila), ma ha bisogno dell’aiuto extra fornito dalla Blastophaga psenes, comunemente conosciuta come la vesta del fico. E poiché né il fico né la vespa possono fare a meno l’uno dell’altro, si stabilisce un mutualismo obbligato. In pratica, come già precisato, la vespa femmina entra nel frutto attraverso una piccola fessura chiamata ostiolo perdendo antere e ali, per depositare sia il polline che le sue uova nelle gallerie interne, per poi perire. Mentre i fichi maturano, le vespe maschio, prive di ali, crescono per prime ed emergono dalle gallerie fecondando le femmine che sono ancora rinchiuse, oltre a scavare un tunnel da cui le nuove vespe femmina, una volta cresciute, potranno uscire ed andare alla ricerca di altri alberi di fico da fecondare. Mentre le vespe maschio rimangono intrappolate nel fico e vi muoiono . Il che non significa che si mangiano i fichi con i resti di vespe, in quanto queste vengono “digerite” (scomposte) dalla ficina (enzima che si trova nel lattice del fico ed è in grado di degradare le proteine). Ciò esclude la valenza della raccomandazione derivante dalla diceria: “di non mangiare il fico intero , ma di spezzarlo prima, perché potrebbe esserci una vespa dentro”
Però nel tempo, oltre al descritto procedimento di formazione del frutto, tramite la genetica, sono state selezionate una grande varietà di fichi commestibili a maturazione “partenocarpica” (che avviene senza la fecondazione degli ovuli, e quindi privi di semi, o con semi vuoti e non vitali), che costituiscono la maggior parte dei fichi coltivati denominati “permanenti” , dato che rimangono sulla pianta anche se non sono stati fecondati, a differenza dei “caduchi” che, in assenza di fecondazione, cadono al suolo immaturi.
Anche se alcune, tra le varietà più pregiate (con caratteristiche più adatte per l’essiccazione), sono caduche, (come la varietà turca Smirne), cioè coltivabili solo dove è assicurato il completo ciclo vitale della Blastophaga.
Il fico commestibile, a sua volta, comprende tre tipi di siconi che hanno, annualmente, distinte fruttificazioni denominate:
Fioroni, che si formano da gemme dell’autunno precedente e maturano alla fine della primavera o all’inizio dell’estate:
Forniti o pedagnoli, che provengono da gemme primaverili e maturano alla fine dell’estate dello stesso anno;
Cimaruoli, prodotti da gemme di sommità sviluppatesi nell’estate e maturano nel tardo autunno.
Per cui, esistono:
varietà che producono solo Fioroni, altre che producono solo Forniti ed altre ancora che producono entrambe. Mentre le varietà con tripla fruttificazione sono pochissime, e con la terza fruttificazione pressoché irrilevante. Pertanto, per ovvi motivi di favorevoli condizioni climatiche , di norma, i Forniti detengono le caratteristiche di eccellenza, sia per quanto concerne la succosità che la dolcezza; anche se i Fioroni, per contro, vantano il pregio della precoce maturazione;
e varietà:
unifere: che producono solo una fruttificazione all’anno, come la: Meloncello, Catano, Brogiotto nero, Negretta e Verdino;
e bifere: che producono Fioroni sui rametti dell’anno precedente e fichi estivi-autunnali su quelli dell’anno, a loro volta:
- caprificabili, come la Fracazzano e Napoletano;
- e partenocarpiche, come la Ottano o Dottato e la Del Vescovo.
(Segue RIPRODUZIONE DELLE PIU’ DIFFUSE VARIETA’ DI FICHI)
Luogo di origine:
Asia occidentale, probabilmentenell’area compresa tra l’Iran e l’Arabia, ma introdotto da tempo immemorabile nei paesi del bacino del Mediterraneo (Europa, Africa e Asia).
Particolari della struttura e morfologia:
E’ un albero dal fusto corto, contorto e ramoso che può raggiungere altezze di 6 – 10 m; la chioma ha una forma tipicamente espansa, larga e irregolare, spesso descritta a cupola, con le branche più basse che tendono a dipartirsi orizzontalmente, contribuendo a conferirle la forma allargata; la corteccia è finemente rugosa e di colore grigio-cenerino; i rami, la cui linfa è un lattice di colore bianco irritante ed acre (per cui se necessita addentrarsi nella chioma con clima caldo e soprattutto soleggiato, è consigliabile indossare camicia a maniche lunghe, ed in caso di manifestazione d’irritazione, evitare l’ulteriore esposizione ai raggi ultravioletti del sole, risciacquare con acqua la parte irritata e rimanere per qualche ora lontano dall’irraggiamento solare, anche indiretto) sono ricchi di midollo (che conferisce al legno una debole consistenza, tanto che, in seguito ad una arrampicata per la raccolta dei frutti o la potatura, quelli sollecitati da un eventuale urto, a prescindere dallo spessore, possono spezzarsi senza preavviso) con gemme terminali acuminate coperte da 2 squame verdi o brunastre; le foglie sono grandi , scabre, oblunghe con 3 – 5 lobi, di colore verde scuro sulla parte superiore e più chiare ed ugualmente scabre sulla pagina inferiore; i frutti, o meglio, come già precisato, trattasi di ’infruttescenzae, di medie dimensioni, carnose ricche di zuccheri, piriformi di colore variabile dal verde al rossiccio fino al bluastro-violaceo, internamente cave contenenti i piccolissimi fiori o semi; l’apparato radicale, robusto ed esteso, consente alla pianta di resistere bene alla siccità e adattarsi ai terreni salsi e incolti ed è efficace nella ricerca dell’acqua, anche in maniera invasiva, tanto che in un giardino può penetrare in cisterne, condotti e scantinati. Il fico, inoltre, è una delle rare piante da frutto che resiste, senza problemi, in tutte le fasi vegetative, ai venti salmastri.
Longevità:
In genere, la durata della vita vegetativa della pianta è di 50 anni, anche se talvolta, in condizioni favorevoli, può giungere ad oltre 70 anni. Con inizio della produzione intorno al quinto anno di età e il raggiungimento del picco fra i 30 e i 40 anni, per poi decrescere gradualmente.
Esigenze:
Clima: anche se si adatta ad una vasta gamma di condizioni, la pianta trova le condizioni ottimali in ambienti caldi con inverni miti, esposizione alla luce solare e temperature di 20 -30 °C , sia per la crescita che per la fruttificazione di qualità;
Terreno: di qualsiasi tipo, anche calcareo, purchè sciolto O non troppo argilloso, ricco di sostanza organica, ben drenato (privo di ristagni di acqua, possibile causa di marciume radicale) e con un grado di acidità leggermente acido o neutro, con valori di Ph (indice del grado di acidità o basicità) 6 – 7,5. In caso di eccesso di alcalinità o acidità, che potrebbe impedire alla pianta di assorbire i nutrienti necessari, è possibile effettuare, delle correzioni con l’apporto, rispettivamente, di zolfo e calce;
Concimazione: predilige terreni ricchi di sostanza organica, da apportare tramite somministrazione di compost o letame ben decomposto o con sovescio (coltivazione di piante che vengono fatte crescere e interrate in fase di fioritura) di leguminose, integrata, all’inizio delle primavera, con fertilizzanti bilanciati a base di potassio -K- fosforo -P- e meno azoto -N- per evitare di stimolare eccessivamente la rigogliosità vegetativa a discapito della fruttificazione ;
Irrigazione: regolare, per impedire che il terreno si asciughi completamente, specie durante la stagione di crescita e di produzione;
Potatura:
verde: va eseguita regolarmente, tra marzo e maggio, per eliminare i polloni (ricacci della base del tronco) con il taglio a raso terra e i succhioni (rami improduttivi a portamento verticale presenti all’interno della chioma), per evitare di sottrarre utili energie alla pianta;
di produzione: da eseguire, in inverno o inizio di marzo, solo quando necessita, per rimuovere rami secchi, malati e spezzati e quelli in eccesso. per evitare condizioni di aduggiamento all’interno della chioma e garantire uniformità di penetrazione di aria e luce solare e la regolarità quali-quantitativa della produzione. Con l’accortezza, visto che l’albero fruttifica sulle gemme apicali, di eliminare i rami superflui dalla base e non accorciarli, per non renderli improduttivi;
di mantenimento della regolarità dell’impalcatura e del vigore vegetativo: consistente nell’ eliminazione di eventuali rami che prendendo troppo vigore, diventano concorrenziali rispetto alle branche principali, e nell’effettuare il cosiddetto taglio di ritorno, attraverso la troncatura di un ramo principale, poco dopo una diramazione secondaria, per trasformarlo in ramo giovane in prosieguo di quello principale .
Moltiplicazione:
per talea: si effettua prelevando dalla pianta madre, preferibilmente a marzo, (in fase di riposo vegetativo, ma prossima al risveglio) un rametto di 2-3 anni della lunghezza di 20-25 cm, con una o più gemme,che dopo aver asportando le eventuali foglie presenti lungo il tratto inferiore e mantenute quelle della parte apicale, va posto in un vasetto, interrandolo per circa 10 cm in una composta di terriccio e torba, coprendolo con una bottiglia di plastica tagliata a metà, per mantenere una costante umidità, tramite una regolare irrigazione, con l’accortezza, , di tanto in tanto, di garantire la circolazione dell’aria, per evitare l’insorgenza di marciumi. Accorgimenti che, dopo circa tre settimane, dovrebbero consentire al ramo di emettere radici e dar vita ad una nuova pianta che potrà essere trapiantata;
per polloni: ottenibile legando, ad inizio estate, con un filo di ferro ben stretto, appena sopra il livello del terreno, il piede del pollone, ricoprendolo con circa 20 cm di terra che va da mantenuta umida per tutto il periodo estivo. Procedimento che a novembre successivo dovrebbe consentire lo sviluppo del le radici, e quindi la formazione di una nuova pianta pronta per il trapianto.
Trapianto :
il periodo più indicato per effettuarlo è tra ottobre ed aprile, escludendo le giornate molto rigide, attraverso lo scavo di una buca di almeno 50 cm profonda e di pari diametro, ancor meglio se di cm 70 x70 , specie in presenza di terreno compatto e argilloso, per far si che le radici abbiano intorno terreno facilmente permeabile. Con l’accortezza, al fine di mantenere la naturale fertilità del suolo, di separare la terra dei primi 20 cm da quella estratta più in profondità, in modo che quando si dovrà riempire la buca si potrà inserire prima la terra che stava più in basso e tenere per ultima quella rimossa in superficie. In quanto lo strato superficiale contiene molti microrganismi utili che necessitano di ossigeno per vivere. Microrganismi che se venissero sotterrati in profondità morirebbero, privando l’apparato radicale dei tanti benefici derivanti dalla loro presenza.
Utilizzazioni e proprietà medicinali:
il lattice (emulsione di aspetto lattiginoso di colore bianco e consistenza collosa), dalle proprietà emmenagoghe (che stimolano il flusso sanguigno nella zona pelvica e nell’utero e, in qualche caso, favoriscono le mestruazioni), antinfiammatorie, espettoranti e digestive. In passato è stato usato per far cagliare (coagulare) il contenuto proteico del latte (caseina), per la produzione artigianale del formaggio. Oppure veniva aggiunto al tuorlo dell’uovo nella preparazione del legante, per il metodo di tecnica pittorica diffusa nel Medioevo e nel Rinascimento;
le gemme fresche, grazie al contenuto di enzimi digestivi, regolarizzano la mobilità e la secrezione gastroduodenale, soprattutto in soggetti con reazioni psicosomatiche (consistenti in emozioni o stress che possono tradursi in sintomi fisici, come mal di testa, dolori muscolari, problemi gastrointestinali , anche se se non esiste una plausibile causa) non gestiti adeguatamente a livello gastrointestinale;
le foglie, raccolte da maggio ad agosto e fatte essiccare lentamente, contengono:
furocumarine (composti chimici naturali che a contatto con la pelle la rendono più sensibile agli effetti dannosi del sole e possono causarereazioni cutanee infiammatorie -fitofotodermatite-, caratterizzate da rossore, gonfiore, vesciche ed anche pigmentazioni persistenti);
bergaptene (sostanza chimica -furanocumarina) , nota per la sua capacità di rendere la pelle più sensibile alla luce –fotosensibilizzazione- . Il che significa che l’esposizione al sole o a lampade UV, può causare scottature o irritazioni);
psoralene (composto chimico che aumenta la sensibilità della pelle alla luce ultravioletta –UVA- . Composto che viene utilizzato in combinazione con l’irradiazione UVA, in una terapia chiamata foto chemioterapia - PUVA- per trattare diverse patologie, come psoriasi e vitiligine);
curmarina (composto organico naturale, appartenente alla famiglia delle benzopiranoni, noto per il suo profumo dolce, simile al fieno o alla vaniglia, utilizzato in profumeria, cosmesi ed , in alcuni casi, in ambito farmaceutico);;
lattice: sostanza dalle caratteristiche sopra descritte.
frutti immaturi e giovani rametti: il lattice dei quali che sgorga dai loro tagli contiene amilasi e proteasi (tipi di enzimi che, nel caso specifico, aiutano a scomporre i carboidrati e le proteine), può essere impiegato, per uso esterno, per eliminare calli e verruche, grazie all’azione caustica e proteolitica (di degradazione delle proteine in piccoli frammenti: peptidi o amminoacidi). Anche se con cautela, essendo ustionante ed irritante per la pelle e pericoloso se applicato su estese superfici, specie se esposte alla radiazione solare;
frutti freschi: che seconsumati in quantitàhanno un effetto lassativo;
frutti essiccati: la cui ingestione produce effetti emollienti (che svolge azione di protezione delle mucose, di attenuazione delle irritazioni, di ammorbidimento dei tessuti, oltre a rendere più elastici gli strati superficiali della pelle) espettoranti e lassativi;
Proprietà nutrizionali:
i fichi sono un’ottima fonte di:
fibre, che favoriscono la digestione e contribuiscono al senso di sazietà;
vitamine K, B6, niacina (vitamina B3 e PP) e acido folico;
sali minerali, come: potassio, calcio, magnesio e ferro;
antiossidanti, come polifenoli, che contribuiscono a ridurre lo stress ossidativo nel corpo;
zuccheri, quali glucosio e fruttosio che erogano energia naturale;
Impieghi culinari per:
consumo fresco: sia da soli che aggiunti in insalate o combinati con formaggi;
confezione di marmellate e conserve;
preparazione di dolci e dessert: costituiscono un ottimo ingrediente per la preparazione di crostate, torte, biscotti, gelati e persino cioccolato;
accompagnamento salato: abbinati a formaggi, prosciutto crudo e piatti di carne.
Malattie e parassiti: il fico, anche se in genere non era particolarmente colpito da intensi attacchi, da qualche anno ha subito ingenti danni imputabili a sopraggiunti tipologie di infestazioni causate da alcuni temibili parassiti di seguito descritti:
Punteruolo nero – Scyphophorus acupunctatus - : trattasi di un coleottero della lunghezza di circa 2 cm totalmente nero, originario dell’America centrale, giunto accidentalmente in Italia intorno alla metà degli anni ’90 e diffusosi rapidamente nelle regioni centro meridionali, dove si è rivelato il più temibile parassita della pianta. In quanto è dotato di un rostro con il quale riesce a penetrare il legno lungo la zona del colletto e a depositarvi le uova. Uova dalle quali nascono larve che rodono la corteccia e il legno interno delle radici, compromettendo il flusso della linfa e la vitalità della pianta, oltre a nutrirsi dei frutti, che vengono completamente svuotate e fatti marcire. Il che rende difficile contenere gli attacchi, anche perché ancora non sono stati individuati efficaci predatori con cui impostare programmi di lotta biologica. Pertanto, allo stato attuale, l’unico rimedio consiste nell’osservare frequentemente le piante, e nel caso si riscontrino i primi fori in prossimità della base, disinfettare la parte interessata con Poltiglia Bordolese (a base di solfato di rame e calce) e irrorarla, per 2-3 volte, con una sospensione di spore del BEAUVERIA BASSIANA (in commercio esistente in diverse formulazioni denominate NATURALIS Biogard), preferibilmente la sera o al mattino presto, assicurando una buona bagnatura della vegetazione. Tuttavia, in condizioni di estesa infestazione, l’unico metodo per eliminare con certezza il parassita è quello di estirpare la pianta e distruggerla con il fuoco;
Coleottero cerambicide – Psacothea hilaris- la cui larva scava gallerie all’interno del tronco portando, con il tempo, a morte la pianta. Per impedirne la diffusione si consiglia una metodologia di lotta basata su:
prevenzione: consistente nel controllo, da marzo a giugno, della pianta per la rimozione manuale degli adulti, onde limitare la loro riproduzione; cura della pianta: rimuovendo i ristagni d’acqua, alla base e gestendo correttamente la chioma, per ridurre le are di nidificazione; applicazione di barriere fisiche: posizionando sul fusto, a circa 15 cm dal colletto, del nastro di carta cosparso di colla per insetti, per intrappolarli;
trattamenti biologici e con prodotti naturali, come: Nematodi entomopatogeni (che parassitano gli insetti provocandone la morte) – Steinemama carpocapsae (capsanem), per agire sulle larve nel suolo o nelle gallerie; Funghi entomapatogeni a base di Beauvenia bassiana da spruzzare sul tronco e sulle foglie per colpire gli adulti; Olio di Neem, o Sapone molle potassico, da spruzzare sulla pianta per soffocare gli insetti e interrompere il ciclo vitale; Galline, da introdurre in uno spazio recintato intorno alla pianta, per far catturare ed eliminare gli insetti mangiandoli; Rimozione delle piante, distruggendole con il fuoco, in caso risultino compromesse da gravi infestazioni, per evitare la diffusione del coleottero;
Efestia – Ephestia cautella o Falena del fico: temibilissimo lepidottero per la produzione dei fichi secchi, dato che le larve rodono l’interno del frutto riempiendolo di escrementi, mentre le femmine adulte depongono le uova sui fichi che cominciano a seccare sull’albero o sui frutti esposti al sole per completare l’essiccamento. Per difendersi dagli effetti dell’infestazione si possono adottare metodi:
preventivi, come: eliminazione, in autunno, dei residui vegetali, e di tutte le foglie cadute, per ridurre il numero di crisalidi svernanti, poiché l’insetto trascorre l’inverno appunto sotto forma di crisalide in bozzoli sericei;
di controllo biologico e naturale: - posizionando trappole a base di vino, zucchero, cannella e chiodi di garofano, per attirare e catturare le falene adulte, onde limitare l’ovodeposizione sui fichi; - o effettuando trattamenti a base di Bacillus thuringiennsis, per colpire le larve all’interno dei fichi o, in alternativa, nebulizzando una soluzione di Zeolite e silicato di sodio o potassio, per creare una patina protettiva sulla superficie dei frutti;
Cocciniglia del fico o cocciniglia elmetto (della forma che ricorda l’elmo militare) - Ceroplastes Sinensis - : è un piccolo insetto, particolarmente diffuso in Liguria, Toscana, Sardegna e Sicilia, dotato di scudetto rigido e piatto di colore bianco che, a partire da maggio, si attacca ai rametti ed alle foglie. Il danno prodotto è dovuto: alla distruzione delle foglie delle quali si nutre; alla intensa produzione di melata ed al successivo sviluppo di fumaggine, che determina l’occlusione degli stomi utili per la respirazione e l’impedimento del vitale processo foto sintetico. Per impedire la diffusione dell’insetto si possono praticare delle irrorazioni con macerati di felce (ampiamente presente nel sottobosco) o, per infestazioni consistenti, effettuando, in ore serali, irrorazioni a base di alcol, aceto o sapone di Marsiglia diluito, od emulsione di oli minerali sulle parti della pianta dove il parassita è presente;
Cocciniglia di S. Josè – Quadraspidiotus perniciosus- : a differenza della precedente specie, infesta tutte le parti della pianta con una predilezione per frutti, rami e tronco, che ricopre con una crosta fittissima di scudetti. Le sue punture provocano macchioline rossastre sulle parti colpite, malformazioni nei frutti ed un progressivo deperimento dell’intera pianta;
Uccelli (Merli, Storni, Beccafichi e Rigogoli o BeccaficHI realI), la cui predilezione per i frutti maturi, può causare ingenti danni, sia mangiandoli parzialmente, che provocandone la caduta a terra . Per cui, specie in ambienti più esposti a tale tipologia di attacchi, per salvare la produzione occorre impiegare dei dispositivi dissuasori, quali:
Reti anti-uccello che, costituendo una barriera fisica, sia su singoli alberi che su intere aree, impedisce agli animali di raggiungere i fichi;
Palloni dissuasori: da appendere agli alberi, con riportanti disegni spaventosi per gli uccelli, in seguito al movimento impresso dal vento;
Nastri riflettenti, CD o strisce di alluminio: che appesi ai rami, creano un effetto abbagliante che infastidendo gli uccelli li tengono lontani;
Spaventa passeri o sagome di predatori: che però dopo un buon effetto iniziale, a lungo termine, divengono poco efficaci;
Dissuasori sonori: dispositivi disponibili in commercio, che emettono ultrasuoni o suoni di predatori che infastidiscono gli uccelli;
Dissuasori olfattivi: sono repellenti a base di oli essenziali che applicati su spugne o altri supporti, diffondono un odore sgradevole per i voraci uccelli;
Repellenti naturali, quali: rosmarino, basilico e menta da piantare intorno all’albero, il cui odore sgradevole contribuisce a tener lontani i volatili;
Moria del Fico: trattasi di una malattia causata dal fungo, Ceraticystis ficicola che provoca: avvizzimento (ingiallimento precoce e successiva caduta) fogliare, disseccamento dei rami a partire da quelli più giovani, cancri sulla corteccia, fessurazioni sulla tronco e scolorimento interno del legno. Tanto da causare il deperimento e la morte della pianta. La diffusione avviene tramite il suolo contaminato tramite il materiale vegetale infetto, che quindi deve essere tempestivamente raccolto e bruciato;
Antracnosi – Ascochyta caricae - : è un fungo che si manifesta sulle foglie con tacche bruno-rossastre arrotondate o allungate lungo le nervature, al centro delle quali avviene il disseccamento dei tessuti e la comparsa dei picnidi (strutture riproduttive a forma di sacco);
Vaiolatura – Cercospora bolleana - : fungo che provoca macchie olivacee sulla nervatura delle foglie. Macchie che confluendo formano grandi chiazze brunastre che determinano l’accartocciamento e la caduta precoce delle stesse foglie;
Ruggine – Uredo fici - : fungo che attacca le foglie producendo sulla pagina superiore delle macchie gialle e, in corrispondenza, sulla pagina inferiore, i sori (strutture che producono le spore) giallo-bruni , causandone la prematura caduta e il ritardo della maturazione dei frutti;
Mal secco – Bacterium fici - : batterio (organismo vivente completo, capace di riprodursi autonomamente), in seguito alla cui infezione il tronco diventa di colore bruno, i rami anneriscono e disseccano emettendo, a volte, un liquido vischioso. D’estate colpisce anche le foglie che, in un primo momento, presentano macchie decolorate che diventano nerastre, per poi disseccarsi e frantumarsi;
Mosaico – Fig mosaic emaravirus o Emaravirus fici- : è un virus (entità biologica non vivente che essendo privi di una struttura cellulare completa, non dispone di metabolismo autonomo e per riprodursi necessita del supporto di una cellula ospite) che attacca frutti, rametti e foglie che presentano aree giallognole di varie dimensioni, seguite da necrosi delle zone internervali o delle nervature con evidenti malformazioni. Malformazioni che interessano anche i frutti provocandone la caduta precoce. Il vettore principale della diffusione del virus è un acaro: piccolo parassita, difficile da individuare ad occhio nudo, che attacca le piante di fico nutrendosi della linfa delle foglie causandone la deformazione e, nei casi gravi , la defogliazione. Per cui, quando si notano i primi sintomi, per evitare danni maggiori, è importante agire tempestivamente con trattamenti specifici a base di acaricidi;
Colletotricosi – Colketotrichum caricae - : fungo che provoca la marcescenza e la caduta dei frutti immaturi, che dapprima mostrano tacche depresse e isolate successivamente confluenti in chiazze brune al centro e più chiare in periferia. Per minimizzare i danni è fondamentale adottare pratiche:
preventive, quali: - rimozione e bruciatura di frutti e rami infetti, nonché della pianta se interamente colpita; - esecuzione di una potatura che favorisca una buona ventilazione all’interno della chiome per ridurre l’umidità; - utilizzazione della pacciamatura, per coprire il terreno ed impedire che i frutti caduti e marci possano contaminare le radici;
curative per infezioni gravi: consistenti neltrattare la pianta con soluzioni a base di solfato di rame dall’azione fungicida e antibatterica, o con preparati a base del fungo entomopatogeno Beuveria bassiana, per combattere il Punteruolo nero, diffusore dell’infezione fungina.
Comunque, in genere, per prevenire la maggior parte delle affezioni patogene del fico occorre porre la pianta in condizioni vitali ottimali di irraggiamento solare e circolazioni dell’aria, di composizione e umidità del suolo e di riparo dal vento, ancor prima dell’uso di prodotti specifici;
(Segue ILLUSTRAZIONE DEI PIU’ DIFFUSI PARASSITI DEL FICO)
Curiosità storico- mitologiche:
Nell’immaginario collettivo, il fico potrebbe essere stato il frutto dell’Albero della Conoscenza nel Paradiso Terrestre, al posto della mela. Tant’è che Michelangelo nella Cappella Sistina, lo rappresenta in questa veste. Nel vecchio Testamento infatti, il termine latino “pomum”non indicava una mela specifica, ma un frutto generico, ed inoltre le foglie di fico furono il primo “indumento” di Adamo ed Eva, per coprire la nudità. Da qui, la pianta è divenuta simbolo di passione amorosa e di unione tra maschile e femminile;
La Bibbia cita il fico come l’albero sotto il quale Adamo ed Eva si ripararono dopo il peccato originale;
I romani consideravano il fico una pianta sacra, apprezzavano i fichi per le loro proprietà energetiche, li usavano nella produzione di formaggi con caglio vegetale ed era usanza regalarli insieme al miele, come augurio per un anno felice;
Platone, noto amante dei fichi, li considerava un alimento essenziale per stimolare l’intelletto. Mentre Plinio il Vecchio descriveva i fichi come un alimenti che rafforzava i giovani e migliorava la salute degli anziani, anche attenuando le rughe;
In Grecia, il fico era chiamato “sykon” ed era talmente importante che fu necessario costituire una classe dirigente : i “sincofanti”, per controllare il suo commercio;
Nella tradizione antica il fico riveste un significato di immortalità e di abbondanza. Esso rappresenta anche l’asse del mondo, che collega la terra al cielo. Nell’antichità poi, attraverso le foglie dell’albero, si praticava la “ psicomanzia” come metodo di divinazione;
Il fico, in molte culture antiche, era considerato un simbolo di fertilità, abbondanza e prosperità, per il legame della forma con il significato fallico dovuto all’aspetto del frutto ed alla sua apertura, che ricorda vagamente gli organi genitali maschili. In Grecia era associato al sesso femminile- Infatti, durante le Falloferie: feste religiose in cui si portava in processione simboli fallici,alcune donne portavano ceste di fichi, sottolineando ulteriormente questa connessione. Ed anche a Roma aveva una forte connotazione fallica, come si evince dall’uso del termine “fica” (forma femminile dialettale) ;
Si narra che sotto un fico selvatico: il fico Ruminale - Ficus Ruminalis- (termine che richiama il concetto di allattamento e nutrimento, collegandosi alla dea Ruminia e al latte materno) si arenò la cesta contenente Romolo e Remo, dove furono allattati dalla lupa. Il fico ruminale inoltre era considerato sacro ed aveva un ruolo importante nel rituale religioso romano, con offerte di latte dedicate alla da Ruminia;
Nel vangelo di Luca (13,6-9) si narra” la parabola del fico sterile”, dove un uomo (che rappresenta Dio,che giudica le azioni e i frutti della terra) che aveva una vigna (che rappresenta il popolo di Dio, con le sue opportunità e le sue responsabilità) con un fico ( che simboleggia il il singolo individuo, che non porta frutti spirituali) che no produceva frutti da tre anni. L’uomo irritato, voleva tagliarlo , ma il vignaiolo (che rappresenta Gesù, che intercede per gli altri e offre opportunità di ravvedimento e cambiamento) lo implorò di dargli ancora un anno di tempo (.che simboleggia la pazienza di Dio e il suo desiderio di dare a tutti la possibilità di convertirsi) per zapparlo e concimarlo, nella speranza che producesse frutti l’anno successivo. E se non fosse stato così, allora sarebbe stato tagliato (simboleggia il giudizio finale, se la persona non si ravvede e non porta frutto). La parabola sottolinea l’importanza: - della necessità del ravvedimento e di portare frutti spirituali, come opere di carità, amore verso il prossimo e di una vita conforme agli insegnamenti di Cristo; - della riflessione sulla propria vita, sulla necessità di pentirsi dei propri peccati e di cercare una relazione più profonda con Dio; della misericordia di Dio , che offre sempre una possibilità di salvezza, anche a chi sembra aver fallito . Parabola che può essere applicata sia a livello individuale che collettivo, ricordando che Dio guarda al cuore e alla sostanza delle azioni, non solo dell’apparenza;
In ambito religioso e culturale, il Fico è sicuramente legato all’importanza che la pianta rivestiva nell’alimentazione. Esso infatti, come testimonia Plinio, fu uno dei frutti più diffusi in area mediterranea durante l’antichità, tanto da costituire la base della vita quotidiana ed essere utilizzato per definire, in termini dispregiativi sykofantia, cioè modo di intendere la lotta politica ad Atene. Infatti il sicofante, era colui che denunciava i ladri di fichi, e chi esportava i fichi dell’Attica (parte meridionale della penisola Balcanica comprendente la città di Atene). Poiché esportare questi frutti significava sottrarre l’alimento principale dei più poveri;
Sempre Plinio in un aneddoto che vede protagonisti i fichi, racconta che un certo Elicone, abitante delle Alpi Elvezie (svizzere), dopo aver a lungo esercitato il mestiere di fabbro a Roma,tornando in patria portò con sé dei fichi secchi, oltre che dell’uva, dell’olio e del vino. Per cui si dice che questo fu il motivo della discesa in Italia dei Galli (popolazione di stirpe celtica che, nell’antichità, abitarono gran parte dell’Europa continentale), che attraversarono le aspre e insuperabili montagne della Alpi per poter godere di tali prelibatezze;
Una leggenda riferisce che Catone (234 a.C. – 149 a. C NELLE SPONDE DEL ,), infiammato dal suo odio contro Cartagine , e preoccupato per la sicurezza futura di Roma, in ogni riunione del senato, proclamasse che Cartagine (fondata nel IX secolo a.C. sulle sponde de Golfo di Tunisi) doveva essere distrutta. Un giorno portò un fico proveniente da quella provincia, e mostrandolo ai senatori, chiese quando, a loro parere, quel frutto fosse stato raccolto dall’albero, ed avendo tutti constatato che era fresco, rivelò come IL frutto fosse stato raccolto a Cartagine solo tre giorni prima, a dimostrazione di quanto il nemico fosse vicino alle loro mura. Da lì, la decisione di intraprendere la terza guerra punica (149 -146 a.C.), che portò appunto la distruzione di Cartagine. Dunque una città così importante, che per più di 100 anni aveva conteso a Roma il dominio sul mondo, dovette la sua fine ad un fico;
La figura di Demetra (Cerere nella mitologia romana) nella mitologia greca è la dea dell’agricoltura, della fertilità, del raccolto e anche della natura e delle stagioni. Un suo tempio e della figlia Kore si trovava nell’antica Attica, vicino alla via che portava da Atene ad Eleusi. Secondo una tradizione orale raccontata da Pausania il Periegeta (II secolo d.C.),in questo luogo, un certo Phytalos (il Piantatore) aveva accolto in casa sua Demetra alla ricerca della figlia scomparsa, e la dea, in cambio dell’ospitalità, gli aveva donato la pianta del fico domestico, a testimonianza che per gli ateniesi non era una pianta qualsiasi, bensì un simbolo e un dono divino per il progresso verso la civiltà.
Pianta di Fico più vecchia d’Italia.
Trattasi di un esemplare, definito patriarca verde, che vegeta presso l’antica abbazia di San Basilide a Badia Cavana (Parma), fondata intorno al 1100 su una verde altura da San Bernardo degli Uberti . E’ una pianta dall’età stimata di circa 800 anni dalla chioma eccezionale, visto che misura oltre 50 m di circonferenza, con un tronco composto da tanti fusti, che formano quasi un cespuglio dalle dimensioni del tutto inusuale. La cui caratteristica è quella di avere, alla base dell’ampia ceppaia, una sorgente di acqua. Nonostante ciò la secolare pianta ha superato il rischio di asfissia che la polla (vena d’acqua sotterranea che emerge in superficie da una fessura nel terreno, dando origine ad un rigagnolo o ad un ruscello) avrebbe potuto provocare, e vegeta rigogliosa in mezzo ad un prato, fornendo frutti abbondanti di varietà sconosciuta, ma dalle straordinarie caratteristiche. Tant’è che un clone (ramoscello copia geneticamente identico alla pianta madre) è stato conservato dalla Fondazione Villa Ghigi , per essere piantato nel frutteto della Biodiversità del parco agroalimentare Fabbrica Italiana Contadina (FICO) di Lataly Wind (una struttura a tema dedicata al cibo italiano), di prossima inaugurazione, a Bologna.
(Segue RIPRODUZIONE FOTO DEL FICO PIU’ ANTICO D’ITALIA E DEL SITO CHE LO OSPITA)
Oroscopo Celtico .
Oroscopo corrispondente al Segno Zodiacale Capricorno, comprendente i nati dal 14 al 23 giugno e dal 12 al 21 dicembre
I nati sotto il segno del Fico sono persone molto emotive che hanno bisogno di un ambiente capace di supportare il loro sviluppo e necessitano costantemente di aprire i loro orizzonti mentali e di sentirsi sicuri, per poter fare emergere le grandi qualità che possiedono. Quando si sentono sostenuti, infatti, si dimostrano persone in grado di portare novità importanti all’ambiente che li circonda, grazie alle innumerevoli idee che riescono a proporre e mettere in pratica con successo.
Pro:
essi sono artisti creativi sensibili sempre interessati a ciò che li circonda. Hanno l’innata capacità di distinguersi sia per la loro percezione delle cose e delle idee, che per la loro immaginazione e per l’intuito.
Quando riescono a trovare un obiettivo da raggiungere, sono dei maestri nel riuscire ad armonizzare pensiero, sentimenti e azione per arrivare alla meta.
Contro:
essendo persone fortemente emotive, si dimostrano spesso ipersensibili, e per questo tendono ad indossare una corazza esterna che li protegga. Quando non hanno un qualcosa da raggiungere possono sentirsi eccessivamente tristi e depressi. In casi del genere possono sembrare addirittura deboli mentalmente e troppo imprevedibili.
Amore:
i nati sotto questo segno hanno bisogno, generalmente, di un partner disposto a contribuire a stimolare la loro creatività, l’intelligenza e la profondità d’animo. Se no l’hanno ancora trovato, purtroppo, c’è poco da fare in questo senso.
Salute:
il segno, oltre a rappresentare le qualità della persona, come per tutte le altre piante , ha dei legami con le proprietà curative delle piante associate e con specifiche potenziali problematiche o punti di forza di parti del corpo degli appartenenti, che risultano essere rispettivamente: Valeriana, Melissa, Crescione, Cumino e Lattugae Torace, Pelle, Stomaco, Nervi e Psiche.
In sintesi, il Fico nonostante sia una pianta esteriormente poco appariscente, è ricca di fascino, di significati simbolici ed impieghi pratici, tali che gli hanno conferito una rilevanza fondamentale nella storia dell’umanità.
Domenico Brancato
16/09/2025 Articolo letto 5 volte
Domenico Brancato Professore Tel. 3480345940
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Federica Bruni Agente Immobiliare da anni, dopo aver compiuto gli studi di Architettura e dopo aver lavorato presso un’azienda di famiglia che si occupava di edilizia, ha potuto sviluppare tecniche conoscitive in merito alla cantieristica.
Si abilita presso la CCIAA di Roma e fa esperienza nel campo immobiliare affiancando per un periodo il vicepresidente FIMAA (Federazione Italiana Mediatori Agenti Affari) per poi intraprendere l’attività di Agente Immobiliare su Roma e Castelli Romani.
Associata FIMAA, alla quale e’ iscritta dal 2009, grazie ai numerosi convegni e ai continui programmi formativi organizzati dall'associazione cui ha partecipato, ha acquisito una notevole e specifica competenza in materia, assistendo la clientela nelle compravendite e locazioni; nella cantieristica; offrendo servizi di consulenza sia immobiliare che per ciò che riguarda i finanziamenti oltre alle problematiche urbanistiche che alle valutazioni degli immobili.