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BOVILLE ESTATE Balla a Boville Mercoledì 07/06/2023 21:00

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Brunedil

Edifici Residenziali a strutturale ligneo in Classe Energetica NZeb
A Santa Maria delle Mole le prime case ad alto risparmio energetico.
Nuove case immerse nel verde.
Stanno sorgendo le Residenze di Tommaso. Abitazioni innovative realizzate con le più moderne tecnologie dello strutturale ligneo atte a scoprire il benessere di vivere.
Contattaci 3473488024
 
Viviamo in un momento storico dove la necessità di proteggere la nostra salute ha fatto emergere prepotentemente la consapevolezza dell’importanza di vivere in ambienti salubri, in edifici antisismici e durevoli, che non producano emissioni di CO2, realizzati con materiali ecosostenibili e che permettano di ridurre il fabbisogno energetico e quindi anche i costi di gestione.
 
Alle porte di Roma, vicino al parco dell’Appia Antica, un imprenditore edile alla terza generazione, già dall’anno 2019 ha iniziato ad investire per rispondere a queste esigenze iniziando a realizzare edifici a strutturale ligneo con elevati standard di sostenibilità e qualità.
 
 
 
Nel fare questa scelta la Brunedil, impresa di Tommaso Brunetti, si è affidata anche alle competenze ed esperienza della LignoAlp – Damiani Holz&Ko SpA, importante azienda di produzione dell’Alto Adige nel settore delle costruzioni a strutturale ligneo; attraverso una sinergia tra le due imprese il prodotto edile che è stato realizzato, ed in fase avanzata di realizzazione, permette di toccare con mano quelle che sono le valenze di un sistema edilizio virtuoso.
 
Appartamenti indipendenti con giardino o terrazze, case antisismiche, alta efficienza energetica, strutture sicure, durevoli ed ecosostenibili che permettono un comfort abitativo elevato; un valore aggiunto per la salute che si aggiunge ad un vantaggio economico per l’abbattimento dei costi di gestione e per il mantenimento del valore dell’investimento essendo edifici realizzati secondo i nuovi e più stringenti standard energetici.
 
 
 
Il legno è una materia prima eccellente e rinnovabile, ed è protagonista nelle costruzioni fin dall’antichità; esistono nel mondo costruzioni in legno in perfetta efficienza che hanno anche oltre 1.000 anni di vita.
 
Nel mondo, ed ora anche in Italia, l’edilizia in legno è sempre più presente, ora anche qui a Santa Maria delle Mole; visitando queste costruzioni, quello che offrono, quali peculiarità e vantaggi si possono avere, ciò che nell’immaginario poteva sembrare difficile da credere diventa improvvisamente una realtà che si tocca con mano.
 
Siamo alle porte di Roma, ottimi collegamenti con il centro città, in una zona vicina al lago, ai castelli romani, al mare, commercialmente bel sviluppata e dotata di tutti i servizi.
Le costruzioni del futuro per un vivere sano, rispettose dell’ambiente circostante, sicure, antisismiche, a bassi costi di gestione sono già il presente. Vedere per credere.
 
Appartamenti indipendenti in vendita; possibile affitto con riscatto.
VIVERE SANO

BASSI CONSUMI
ENERGIE RINNOVABILI
NIENTE GAS

 
SALUBRITA’ IN-DOOR
MASSIMO COMFORT ABITATIVO

 
MATERIALI DI QUALITA’ ELEVATA ED ECO-SOSTENIBILI
 
ABBATTIMENTO EMISSIONI DI CO2
 
Non aspettare a contattarci, venite a visitare il nostro cantiere, tratterete direttamente con Tommaso.
Per le prime richieste sono previste tariffe agevolate e sconti speciali.
Tutte le informazioni sul posto.
Contattaci 3473488024

Lesioni frequenti nel Padel e consigli di prevenzione

Lesioni frequenti nel Padel e consigli di prevenzione Copertina (184)
Alessandra Benassi

Il suo successo è indiscusso, il Padel ti permette di giocare sin da subito, è divertente, dinamico e sfidante. Nel nostro ambulatorio di Fisioterapia Fisiologic Mira, di Santa Maria delle Mole, abbiamo ascoltato le storie di numerosi pazienti che carichi di entusiasmo si sono letteralmente buttati in campo.
Tra Epicondiliti, strappi muscolari, problemi alle spalle e distorsioni alle caviglie, i Padelisti si sono dimostrati dei ferventi e accaniti giocatori.
Questo articolo è dedicato proprio a te che hai perso il conto di quante partite a settimana giochi e che hai sempre pronto il borsone in macchina.
 
Infortuni
Il Padel è di base un attività intermittente a medio-alta intensità con gesti atletici di intensità moderata. E’ una disciplina accessibile a tutti purché ci sia una preparazione e una conoscenza dei gesti tecnici adeguata e una pratica sana ed equilibrata. L’assenza di tali condizioni fondamentali, potrà generare 5 differenti tipologie di infortunio:
  1. Accidentale: lesioni causate da elementi presenti nel campo oppure dalla casualità, come prendere una pallata, scontrarsi con la griglia o colpirsi con la pala.
  2. Da sovraccarico: quando le nostre articolazioni, muscoli o legamenti non sono sufficientemente allenati per sopportare lo sforzo richiesto.
  3. Da lacuna tecnica: l’esecuzione di gesti tecnici scorretti può produrre delle lesioni articolari o muscolari. Per questo è importante apprendere in fase di allenamento la corretta gestualità di gioco. Praticare uno sport senza un adeguato allenamento gesto specifico ti esporrà al rischio di lesioni e a uno stallo delle tue performance. Per esempio l’epicondilite dipende da vari fattori, tra i quali anche una tecnica approssimativa.
  4. Da assenza di preparazione e riscaldamento: l’incipit ti dovrebbe già dire tutto. Bastano 5 minuti di riscaldamento per risparmiarti grandi fastidi.
  5. Da disidratazione e inadeguata alimentazione: contratture, crampi, affaticamenti e lesioni, prima di giocare prepara il tuo corpo.
Prevenzione
Alla luce di tali fattori di rischio tiriamo le somme e vediamo insieme alcuni consigli di prevenzione che potrai adottare per giocare in piena sicurezza e libertà:
  1. Riscaldati da cinque a dieci minuti prima della partita. Il riscaldamento può essere semplice come una leggera corsa fuori dal campo, basta fare un’attività leggera che riscaldi quanti più muscoli possibile.
  2. Bevi in modo adeguato prima, durante e dopo aver giocato per evitare crampi e intorpidimento.
  3. Attenzione alle scarpe, scegline un paio adeguato e adatto per te.
  4. Prendi lezioni che siano finalizzate ad analizzare la qualità dei tuoi movimenti e la corretta esecuzione dei gesti tecnici.
  5. Presta attenzione ai cambi di direzione. Ricorda che gli arresti e le partenze improvvise possono causare distorsioni moderate o strappi muscolari.
  6. Riposati. Il sovrallenamento ti indebolisce, alterna gli allenamenti e le partite con adeguate fasi di riposo.
  7. Dopo la partita, dedica circa 10 minuti per uno stretching generale dei muscoli del corpo, così eviterai contratture e indolenzimenti.
  8. Allena il tuo corpo. Dedica delle sessioni di allenamento al rinforzo muscolare e alla pratica di attività cardio, scendi in campo preparato.
La fisioterapia come alleata
Se la voglia di scendere in campo ti ha fatto trascurare alcuni di questi fattori e sei il numero uno nel ranking degli infortuni, non preoccuparti: a te ci pensiamo noi!
 
Scendono in campo molteplici alleati:
  1. Trattamenti di terapia antinfiammatoria come Tecar e Laser: in grado di accelerare i processi rigenerativi naturali dell’organismo, ideali per sintomatologie dolorose, lesioni, contratture, patologie dolorose osteo – muscolo – tendineo da quelle più superficiali a quelle più profonde.
  2. Trattamenti di terapia manuale: lo scopo è quello di migliorare la circolazione sanguigna e il trofismo dei tessuti, di favorire l’eliminazione delle scorie metaboliche e di restituire alle articolazioni la mobilità compromessa da contratture e lesioni muscolari.
  3. Rieducazione motoria e riatletizzazione: Indicata per il recupero muscolare e articolare attraverso mobilizzazioni passive e attive, ci permette di sviluppare protocolli riabilitativi per il totale recupero funzionale. Adatta al pre e post intervento chirurgico, post infortunio o per la riatletizzazione degli sportivi. Un ottimo e mirato lavoro di rinforzo muscolare ti permetterà di fare la differenza in campo.
  4. Taping Neuromuscolare: tecnica correttiva meccanica e sensoriale che, basandosi sulle naturali capacità di guarigione del corpo, favorisce una migliore circolazione sanguigna e linfatica nell’area trattata. Il trattamento consiste nell’applicazione di un cerotto adesivo.
Padel e Pilates
Il Pilates, praticato con regolarità migliora la coordinazione e la respirazione, sviluppa la tonicità muscolare e cardiovascolare, è utile per la concentrazione e definisce la muscolatura. Con la pratica raggiungerai equilibrio muscolare, potrai gestire dolori associati a cattive posture cervicali e/o lombari, potenzierai le capacità cardiovascolari e respiratorie. Il Pilates rinforza il centro, migliora l’equilibrio, aumenta la coordinazione e diminuisce lo stress. Obiettivo del Pilates è imparare a muoversi meglio in maniera tale da sperimentare i benefici nella vita di tutti i giorni.
 
Per un percorso personalizzato e una valutazione ti aspettiamo in ambulatorio
 
Fisiologic Mira
Via Pietro Maroncelli 99 – Santa Maria delle Mole
Tel.3477760201
 

SOS crociato: Hilterapia® dalla prevenzione alla riabilitazione

SOS crociato: Hilterapia® dalla prevenzione alla riabilitazione Copertina (256)
Alessandra Benassi

 
La rottura del legamento crociato anteriore (LCA) è il punto dolente su cui inciampano numerosi sportivi, calciatori in primis
 
 
Una ricerca commissionata della UEFA a Walden nel 2016, riporta infatti un’incidenza di 0,013 infortuni per 1.000 ore di allenamento e 0,309 infortuni per 1.000 ore di gioco soprattutto tra i professionisti del pallone. Ne deriva che una squadra di 25 giocatori delle serie più titolate possa ragionevolmente aspettarsi un infortunio al LCA di un suo atleta ogni due anni. La situazione non migliora tra chi lo pratica per diletto: tra i non professionisti il rischio di infortunarsi durante una partita del venerdì sera con gli amici è ancor più concreto, soprattutto se i muscoli sono un po’ arrugginiti.
Se ad accomunare atleti e appassionati sono i meccanismi di infortunio, solitamente legati a iper-rotazione, iper-estensione e iper-flessione del ginocchio, a distinguerli sono invece i tempi di recupero. Mentre il 90% dei calciatori professionisti torna ai livelli precedenti la dèbacle dell’articolazione entro 12 mesi, riuscendo a giocare la prima partita dopo 7-9 mesi, tra gli amatoriali la percentuale scende al 60% ed il rientro sul campo si allunga anche oltre i 12 mesi.
Per prevenire la possibilità di rompersi il legamento crociato anteriore bisogna giocare in anticipo seguendo un programma di allenamento specifico centrato sull’allungamento e il potenziamento muscolare degli arti inferiori per potenziarne la propriocezione. Studi e ricerche validati scientificamente sottolineano infatti come un’adeguata preparazione atletica, svolta almeno 1 volta alla settimana, riduca considerevolmente l’incidenza delle lesioni del legamento crociato anteriore.
 
Un ruolo da protagonista in ottica di prevenzione lo svolge la laserterapia.
Hilterapia®, in particolare, è utile anche in via preventiva in particolare quando si avvertono piccoli fastidi muscolari o articolari che possono essere campanelli d’allarme di patologie più serie, come ad esempio le lesioni muscolari. Indicative di una scarsa elasticità muscolare, queste problematiche, se non trattate correttamente, comportano un ulteriore accorciamento del gruppo muscolare in questione.
Se invece il crociato dovesse comunque rompersi non resta che agire affidandosi alla chirurgia o al trattamento conservativo. In ambedue i casi, però, la riabilitazione è determinante per permettere un valido recupero.
Hilterapia®, essendo una valida tecnologia per lo smaltimento dei liquidi e dell’edema che si possono generare nelle zone perichirurgiche, può essere impiegata con successo nella fase successiva all’intervento.
Il centro Fisiologic Mira di Santa Maria delle Mole ti aspetta in studio per impostare un protocollo personalizzato.
 
Fisioterapia Fisiologic Mira – Via Pietro Maroncelli 99 Santa Maria delle Mole, Marino.
 
Fonte: https://www.asalaser.com
 

Igiene Posturale e Stretching per la salute e la prevenzione

Igiene Posturale e Stretching per la salute e la prevenzione Copertina (338)
Alessandra Benassi

 
ll corpo è una sistema complesso: e come ogni meccanismo va trattato con cura. Per preservare la sua efficacia e la sua efficienza si ha la responsabilità di scegliere le adeguate fonti energetiche per la sua alimentazione e di realizzare una buona manutenzione di tutte le sue componenti.
Proprio per questo vogliamo parlarvi del “core” ovvero un gruppo di muscoli che circondano l’addome e la pelvi, e che risultano di fondamentale importanza in termini di salute e corretto movimento. Dedicarsi all’allenamento del core permette di raggiungere un migliore livello di controllo motorio e la possibilità di lavorare in un’ottica preventiva riducendo le possibilità di infortunio e l’insorgere di patologie muscolo scheletriche.
 
Insieme allo staff dello studio fisioterapico Fisiologic Mira abbiamo individuato alcuni semplici esercizi, da poter praticare in autonomia, per allenare i muscoli del core:
  1. Respirazione addominale: sdraiato a terra appoggia una mano all’altezza dell’ombelico, l’altra sopra il torace. Impara a distinguere e ad ascoltare le due differenti respirazioni toracica e addominale, alternandole per 8-10 respirazioni. Successivamente concentrati solo sulla respirazione addominale, inspirando con il naso ed espirando con la bocca. Eseguite un espirazione rilassata e naturale come se fosse un sospiro di sollievo.
  2. Attivazione del muscolo trasverso dell’addome: sdraiati a terra supino appoggia le dita sopra le creste iliache. Da questa posizione retrai l’ombelico e la parte inferiore dell’addome verso la colonna vertebrale. Ricordati di accompagnare l’esecuzione dell’esecrazione con la respirazione e di mantenere rilassata la parte toracica superiore. Ad ogni ripetizione mantieni la retrazione per 1-2 secondi. Esegui 2-3 serie per 10-12 ripetizioni.
  3. Contrazione del pavimento pelvico: esegui per 10-15 secondi la contrazione del pavimento pelvico, respirando regolarmente, poi rilascia. Inizialmente è consigliabile provare questo esercizio sdraiati supini con le ginocchia flesse, pianta dei piedi appoggiata a terra e le braccia distese lungo i fianchi.
  4. Quadruped Limb Raises: a terra in quadrupedia, poggiando il peso sulle ginocchia e i palmi delle mani, le braccia all’altezza delle spalle e le ginocchia all’altezza dei fianchi. Piega i gomiti, allarga bene le dita delle mani e premi verso terra assicurandoti sempre di avere l’addome contratto e di non formare un arco con la schiena. Anche le scapole devono restare lontane l’una dall’altra e le spalle sempre verso il basso e lontane dalle orecchie. Distendi il braccio sinistro in avanti e la gamba destra indietro allungando tutti i muscoli che vanno dal dito della mano sinistra fino al tallone della gamba destra. Tieni il piede flesso mentre esegui il movimento e mantieni la posizione per 2 secondi per poi tornare alla posizione iniziale. Non dimenticare di cambiare lato. ( esegui 3 serie da 8/12 ripetizioni)
Questi sono alcuni esempi di esercizi da svolgere in autonomia. Per un programma completo e personalizzato puoi rivolgerti all’ambulatorio Fisioterapico Fisiologic in Via Pietro Maroncelli 99, Santa Maria delle Mole o individuare il tuo professionista di zona.
 
Inoltre ricordati di praticare regolarmente esercizi di stretching. SI tratta di un’attività multifunzionale, ha finalità di prevenzione degli infortuni, di recupero dopo l’allenamento e permette di lavorare sulla postura e l’allungamento ed elasticità dei muscoli.
Attraverso lo stretching posturale globale attivo è possibile ottenere una serie di miglioramenti che interessano: l’ ampiezza dei movimenti, il risparmio energetico e la coordinazione nell’esecuzione dei movimenti. Tali risultati sono raggiungibili lavorando su un maggiore allungamento ed una maggiore elasticità muscolare.
Praticato con attenzione, senza mai superare la soglia del dolore e curando ogni singolo movimento permette di ridurre le tensioni muscolari, andando a diminuire la sensazione di fatica attraverso lo sviluppo parallelo di forza e flessibilità, lavorando in questo modo sulla prevenzione dei traumi muscolari e articolari.
Numerosi e notevoli sono i benefici che si possono trarre sulle articolazioni: consente infatti di migliorare l’elasticità dei muscoli e stimolare la “lubrificazione” articolare, contribuendo all’attenuazione delle malattie degenerative come l’artrosi. Inoltre praticando con costanza lo stretching posturale globale attivo è possibile rallentare le calcificazioni del tessuto connettivo, diminuire la pressione arteriosa favorendo la circolazione e aumentare la capacità polmonare attraverso la respirazione.
Inoltre lo stretching può essere inserito in momenti in cui il corpo necessita di una pausa per ridurre tutte le tensioni quotidiane, andando così a lavorare sulla riduzione dei livelli di stress. Non a caso lo stretching è di origine orientale ed è strettamente connesso all’approccio olistico del benessere, tipico delle filosofie orientali che tendono a considerare mente e corpo come un insieme indissolubilmente legato.
In conclusione, per riassumere, individuiamo alcuni dei benefici dello stretching posturale globale attivo:
  • Aumenta l’afflusso di sangue ai muscoli
  • Aumenta l’efficienza motoria dei muscoli
  • Aumenta la capacità polmonare
  • Aumenta la mobilità delle articolazioni,
  • Rilassa i muscoli, garantendo un maggior senso di benessere psicologico
  • Provoca una rigenerazione più rapida dei muscoli dopo l’allenamento
  • Rinforza e rende più elastici i legamenti e i tendini,
  • Migliora la silhouette,
  • Riduce il rischio di infortuni
 
Lo staff del centro di Fisioterapia Fisiologic Mira di Santa Maria delle Mole ti aspetta per una valitazione posturale e intraprendere un percorso di salute e prevenzione, riscopri il piacere di sentirti in forma.
 
 

Obiettivo OMS 2030: eliminare nel mondo il tumore della cervice uterina

Obiettivo OMS 2030: eliminare nel mondo il tumore della cervice uterina Copertina (715)
Claudia Ciceroni

 
Il cancro della cervice uterina, che rappresenta la seconda causa di morte nel mondo per cancro nelle donne in età riproduttiva, è al centro di un progetto ambizioso da parte dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): la sua eliminazione con azioni di prevenzione e cura a livello mondiale entro il 2030.
 
Questo terribile tumore ha una mortalità maggiore del 50% nei Paesi a basso e medio reddito dovuto alla mancanza di screening, oltre che di possibilità di trattamento.
 
Il 99% dei casi è legato all’infezione da parte del papillomavirus umano (HPV), un virus molto comune che si trasmette per via sessuale: nella maggior parte dei casi, però, le infezioni da HPV si risolvono spontaneamente, senza lasciare conseguenze: solo alcuni degli oltre 100 ceppi di HPV identificati sono associati allo sviluppo del tumore.
 
L’OMS, attraverso l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha fissato gli obiettivi per tentare di eliminare entro il 2030 questa tipologia di cancro in tutti i paesi arrivando ad un tasso di incidenza inferiore a 4 casi per 100.000 donne. A questo scopo occorre innanzitutto proporre la vaccinazione anti-HPV, considerata un intervento di prevenzione primaria efficace nell’evitare l’infezione e di conseguenza lo sviluppo del tumore, al 90% delle ragazze entro i 15 anni di età. In Italia da dicembre 2007 la vaccinazione è raccomandata e offerta gratuitamente alle ragazze nel corso del dodicesimo anno di età (dal 2017 anche ai ragazzi).
 
Il secondo obiettivo è garantire che il 70% delle donne sia sottoposto a screening per la diagnosi precoce delle lesioni precancerose prima dei 35 anni di età (e successivamente prima dei 45 anni di età) con test al alta precisione come il Pap Test e l’ HPV test (un esame per la ricerca del DNA del papillomavirus).
 
Anche in questo caso in Italia è possibile partecipare gratuitamente a questi programmi di screening, si parla di prevenzione secondaria, offerti, seppur con modalità diverse a seconda della regione, alle donne tra i 25 e i 64 anni.
 
L’ultima raccomandazione è che il 90% delle donne con pre-cancro riceva un trattamento e il 90% delle donne con cancro invasivo riceva cure adeguate.
90-70-90: i numeri per cancellare il tumore. Obiettivo ultimo, quello di poter arrivare ad eliminare il cancro della cervice uterina nel mondo.
 
Nessuna donna dovrebbe morire per il tumore della cervice uterinaDisponiamo degli strumenti tecnici, medici e politici per eliminarlo”, scrivono gli esperti dell’OMS, ricordando che maggiormente colpite da questa malattia sono oggi soprattutto le donne che non hanno accesso ai servizi sanitari, specie nei Paesi a basso e medio reddito.
 
Un modello matematico illustra i benefici che si potrebbero ottenere se venisse raggiunto il traguardo “90-70-90” nei Paesi a basso e medio reddito: l’incidenza si ridurrebbe del 42 per cento entro il 2045 e del 97 per cento entro il 2120, e potrebbero essere evitati 300.000 decessi entro il 2030, oltre 14 milioni entro il 2070 e oltre 62 milioni entro il 2120.
 
 
Dott.ssa Claudia Ciceroni –  Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia 2001, specializzazione in Chirurgia Generale 2007, Dirigente Medico Dip. Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza fino al 2021, Medico di Assistenza Primaria, Medico Estetico.
 

Tunnel Carpale: Recupero Funzionalità

Tunnel Carpale: Recupero Funzionalità Copertina (473)
Alessandra Benassi

Insorge in età medio-avanzata (45/60 anni) e colpisce più donne che uomini (il rapporto è di 3 a 1) che svolgono professioni legate al costante utilizzo delle mani: la sindrome del Tunnel Carpale affligge il 5% della popolazione italiana causando dolore ma soprattutto una seria limitazione nell’utilizzo della mano. Solo il 20% di chi ne soffre però approda alla chirurgia, consigliata nelle fasi avanzate della patologia.
 
 
Le cause
Probabilmente congenito è il risultato di una combinazione di fattori che determinano un aumento della pressione sul nervo mediano e sui tendini del tunnel carpale. Esistono però anche specifici fattori scatenanti come traumi, ferite al polso che causano gonfiore (fratture o distorsioni), iperattività dell’ipofisi, ipotiroidismo, artrite reumatoide, ma anche problemi di natura meccanica al legamento del polso. Parallelamente ne determinano l’insorgenza lo stress lavorativo, l’uso massiccio e continuativo della mano e la ritenzione idrica durante la gravidanza o la menopausa. Anche lo sviluppo di una ciste o di un tumore all’interno del canale possono essere tra le ragioni che lo causano.
 
 
La sintomatologia
Le avvisaglie sono graduali ma facilmente identificabili: frequenti bruciori, dolori, formicolio o sensazione di intorpidimento associato a prurito al palmo della mano e alle dita (pollice, indice e medio) vittime anche di una sensazione di gonfiore, solo apparente. I sentori dell’insorgenza della patologia compaiono in una o entrambe le mani soprattutto durante la notte e, al risveglio, comportano la necessità di rilassare la mano o il polso. Il peggioramento della sintomatologia va di pari passo con la diminuzione della forza nell’esercitare la presa e nello stringere le mani a pugno con conseguente difficoltà ad afferrare piccoli oggetti o svolgere altre attività che implicano l’uso delle mani. Alcune persone riferiscono anche l’impossibilità di distinguere al tatto tra caldo e freddo. Ulteriori indizi sono inoltre il dolore sordo all’avambraccio e al braccio, l’alterazione del colore della pelle, più secca, lo specifico indebolimento dei muscoli che governano il movimento del pollice.
 
 
La diagnosi
Basilari sono l’iniziale esame obiettivo accurato (analisi del polso e della mano e parallela descrizione dei sintomi da parte del paziente) e la valutazione meticolosa della storia clinica e delle abitudini del paziente (lavoro e suoi hobby) alla ricerca delle circostanze che possono favorirne lo sviluppo. I medici possono poi avvalersi di test specifici nel tentativo di confermare l’esistenza della patologia come il “test di Tinel” e il “test di Phalen”.

Se si ritiene che ci siano gli estremi per ipotizzare la presenza di una problematica più pericolosa (esempio: diabete) il paziente viene sottoposto a ulteriori controlli come lo studio della conduzione nervosa per rilevare quanto veloce sia la trasmissione dei segnali nervosi, l’elettromiografia per misurare l’attività elettrica naturale dei muscoli, l’esame radiologico (da farsi solo in caso di sospetta frattura al polso o di un disturbo articolare degenerativo) e l’esame del sangue da eseguirsi per fugare il rischio dell’esistenza di una forma mai diagnosticata di diabete, ipotiroidismo, gotta o artrite reumatoide.
 
 
La Terapia
Insieme allo staff dell’ambulatorio di Fisioterapia Fisiologic Mira di Santa Maria delle Mole esaminiamo i percorsi terapeutici che è possibile intraprendere. Sulla base della gravità e della durata dei sintomi si procede con terapia:
  • conservativa (disturbi al nervo mediano moderati, sopportabili e presenti da pochi mesi)
  • chirurgica (sintomatologia intensa, condizionante la vita quotidiana e in atto da almeno 6 mesi)
Se la terapia conservativa, oltre a suggerire risposo e l’uso di ghiaccio, consiste nell’applicazione di un tutore per il polso, nella somministrazione di farmaci corticosteroidi (potenti antiinfiammatori) e nel ricorso a sedute di laserterapia e magnetoterapia per ridurre il dolore, come anche di infiltrazioni, ionoforesi e ultrasuoni, la chirurgica si basa invece su un’operazione ambulatoriale in anestesia locale con cui si interviene sul nervo mediano praticando un’incisione di diversi centimetri sul polso, in corrispondenza del tunnel carpale.
 
A seguire fondamentale è procedere a riabilitazione per recuperare la piena funzionalità del polso. Anche in questo caso il ricorso a cicli di laserterapia e magnetoterapia si conferma utile.
 
 
La Laser HILT Terapia
Grazie al suoi effetti analgesico, anti-infiammatorio e antiedemigeno permette di ridurre il dolore e recuperare la piena funzionalità di dita e polso quando la sindrome si manifesta. Parallelamente consente di migliorare la sensibilità ed incrementare la forza della mano rendendo più semplice tornare ad afferrare oggetti anche di dimensioni ridotte.

Terapia a Onde d’urto: come funziona e quali benefìci

Terapia a Onde d’urto: come funziona e quali benefìci Copertina (471)
Alessandra Benassi

La terapia a onde d’urto è un metodo di trattamento in cui un manipolo emette delle “onde d’urto” radiali o focali sulla zona del corpo da trattare.
Insieme allo staff dell’ambulatorio di Fisioterapia Fisiologic Mira di Santa Maria delle Mole, ci occuperemo di esaminare il suo metodo di funzionamento e scoprire i suoi benefìci.
 
Come funziona la terapia a onde d’urto?
 
Dopo che lo specialista e il fisioterapista hanno individuato la zona affetta dal disturbo e aver accertato che la terapia a onde d’urto è il metodo di trattamento indicato, viene applicato del gel sulla zona interessata dal dolore. Quindi si effettua il trattamento con il dispositivo medico. Nel manipolo si trova un proiettile, azionato da un generatore elettromagnetico, che viene accelerato ad alta velocità. Questo proiettile trasmette l’energia cinetica all’applicatore del manipolo. In questo modo vengono generate le onde d’urto, che successivamente si diffondono espandendosi radialmente nella cute e vengono assorbite dal corpo. La frequenza e la pressione delle onde sono regolabili.
Le onde d’urto alleviano il dolore attivando una sostanza P e attraverso l’iperstimolazione dei sensori del dolore. Il corpo stesso stimola la riparazione tessutale, dando vita ai sintomi seguenti:
  • Miglioramento della circolazione sanguigna e della neovascolarizzazione
  • Incremento dei fattori di crescita
  • Incremento delle cellule staminali mesenchimali
  • Stimolazione del metabolismo
Inoltre, la terapia a onde d’urto viene eseguita per la frantumazione di calcificazioni e fibrosi, e la tecnica utilizzata proviene dalla frantumazione dei calcoli renali. Il trattamento è breve, sebbene occasionalmente possa generare un aumento della sintomatologia dolorosa nei pazienti. Il vantaggio è che un trattamento dura circa 8-10 minuti.
 
Per quali disturbi viene applicata con successo la terapia a onde d’urto?
 
La terapia a onde d’urto è una tecnica applicabile per una serie di disturbi. Suddividiamo i disturbi in 5 sintomatologie:
  1. Tendini
    • I disturbi tendinei più frequenti che possono essere trattati sono dolore al tendine di Achille, al tendine rotuleo, al sopraspinato e l’epicondilite laterale.
  2. Ossa
    • I disturbi ossei più frequenti sono la sindrome da stress tibiale mediale e la sindrome dolorosa a carico del grande trocantere.
  3. Disturbi neurologici
    • Il trattamento muscolare con la terapia a onde d’urto radiale di spasticità, sia negli adulti dopo emiplegia che nei bambini con paralisi celebrale è comunemente considerato un successo.
  4. Muscoli
    • Trattamento di trigger point, dolori muscolari e ipertonia muscolare.
  5. Tessuto connettivo
    • Applicazioni note per la terapia a onde d’urto sono la fasciopatia plantare, il dito a scatto e il tessuto cicatriziale.
Benefìci della terapia a onde d’urto per il paziente
 
La terapia a onde d’urto offre numerosi benefìci per il paziente. Si tratta spesso di pazienti che da anni soffrono di disturbi cronici, la cui alternativa è rappresentata da analgesici o da interventi chirurgici. La terapia a onde d’urto offre un’alternativa realistica alla chirurgia. Meno invasiva, maggiormente rivolta alle proprietà auto-guaritrici del corpo e meno stressante.
 
Di seguito, forniamo un elenco esaustivo di tutti i vantaggi della terapia a onde d’urto:
  • alternativa realistica alla chirurgia o ai farmaci
  • trattamento rivolto alla causa, non ai sintomi
  • tasso di successo dell’80%
  • breve durata del trattamento per seduta (8-10 minuti)
  • ridotti effetti collaterali, solo rischio di qualche lieve arrossamento o gonfiore
  • alleviamento del dolore e recupero spesso dopo pochi giorni
  • forma di terapia affidabile e scientificamente dimostrata per numerosi disturbi
Per valutare se la terapia a Onde d’urto è adatta al tuo caso rivolgiti sempre ad un medico specialista.

Perché balbetto?

Perché balbetto? Copertina    (commenti:2) (1.273)
Annalisa Muto

 
 
Il linguaggio è un’abilità innata specie-specifica, quindi propria della specie umana. ‘’Cosa c'è di più semplice del parlare?’’ si potrebbe pensare. Eppure non è sempre così! Il linguaggio è infatti una delle attività umane più complesse e articolate. Esso è il frutto dell'attivazione e dell’interazione di processi cognitivi, motori, sensoriali ed emotivi; se anche solo uno di questi meccanismi venisse in qualche modo compromesso allora si potrebbe manifestare un disturbo del linguaggio.
 
Quando si decide di avviare un qualsiasi tipo di discorso è fondamentale:
  • pianificare preventivamente ciò che si vuol dire;
  • porre attenzione al contenuto di ciò che si sta dicendo;
  • non lasciarsi distrarre da stimoli esterni (ambiente, interlocutore, pensieri, etc);
  • attivare il sistema muscolare e respiratorio, affinché vi sia una corretta coordinazione tra respiro e voce ed un’adeguata co-articolazione dei fonemi;
  • utilizzare in modo adeguato la comunicazione non verbale (gesti, espressioni) e tutti i tratti sopra-linguistici (volume, tono, ritmo etc.).
Insomma… parlare è veramente un’attività complessa.
 
Cos’è la balbuzie?
La balbuzie, o disturbo della fluenza verbale, è un disturbo del linguaggio caratterizzato da alterazioni del ritmo della parola, dette disfluenze, in cui il linguaggio diventa meno fluente a causa di arresti, ripetizioni e/o prolungamenti involontari di un suono. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce ‘’la balbuzie come un disordine del ritmo della parola, nel quale la persona sa con precisione ciò che vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo’’.
Le ripercussioni di tale disturbo sulla comunicazione, sulle relazioni sociali e sulla sfera emotiva di un individuo sono fortissime con spesso conseguenti disturbi d’ansia, fobia sociale, insicurezza e scarsa autostima.
 
Qual è la causa della balbuzie?
Recentemente, è stata proposta dal dott. Mario D’Ambrosio, psicologo e psicoterapeuta esperto nell’ambito dei disturbi della fluenza, una teoria rivoluzionaria, che spiega la balbuzie in termini cognitivi; se un tempo si pensava che la balbuzie fosse solo conseguenza di un trauma psicologico o di un cattivo accordo tra respiro e voce, il nuovo modello teorico identifica nell’azione inefficace del sistema esecutivo (funzioni esecutive) la causa delle disfluenze.
Secondo questa teoria esiste, nel nostro cervello, un “processore”, localizzato nel lobo frontale (e suoi circuiti), che svolge il compito di organizzare, controllare e correggere la verbalizzazione; se questo sistema è debole, o semplicemente immaturo, sarà incapace di gestire la regolarità del flusso verbale.
Se è vero che alla base della balbuzie c’è una debolezza nell’interazione tra sistema esecutivo ed i centri deputati al linguaggio è altrettanto vero che a monte il fattore genetico potrebbe pesare non poco sull’eziologia del disturbo. Tuttavia, ad oggi non è stato ancora identificato l’eventuale ‘’gene della balbuzie’’. Quello che è certo è che si riscontra, in modo statisticamente significativo, familiarità per questo disturbo.
Un altro fattore predisponente sembra essere il sesso. Studi dimostrano che il disturbo colpisce quattro volte di più i maschi rispetto alle femmine; ma mentre tra gli adulti il rapporto maschi/femmine risulta essere di 4M:1F, in prossimità dell’esordio non si evidenziano differenze, suggerendo che il fenomeno del recupero spontaneo è più frequente nelle bambine che nei bambini.
La balbuzie esordisce tipicamente nell’infanzia e può accompagnare l’individuo per tutto il resto della vita. Studi recenti collocano l’esordio approssimativamente attorno ai 33 mesi. Il 68% dei casi esordisce entro i 3 anni, ma il 95% dei bambini con balbuzie manifesta il disturbo entro i 48 mesi. In questa fascia di età i bambini si trovano nel pieno esordio del linguaggio e iniziano a sperimentarlo, a sviluppare discorsi e a tradurre pensieri in parole; può essere, pertanto, normale che ‘’la parola non riesca ad andare alla stessa velocità dei pensieri!’’. Non è un caso, quindi, che tale esordio avvenga in concomitanza con un periodo altamente critico per il bambino in termini di sviluppo e maturazione delle abilità linguistiche, cognitive e motorie.
In questa fase è difficile distinguere quali saranno i bambini che struttureranno una vera e propria balbuzie cronica e chi invece presenta una forma fisiologica transitaria (il 10% dei bambini). Infatti, molti bambini nel periodo dello sviluppo psico-motorio, possono presentare discorsi inframmezzati da esitazioni, ripetizioni o prolungamenti di sillabe e di suoni; non sempre però si tratta di balbuzie croniche. Ciò che distingue le disfluenze del balbuziente dalle disfluenze fisiologiche del bambino non-balbuziente è un insieme di caratteristiche legato alla frequenza, alla collocazione, ai fattori predisponenti e alla durata.
Le disfluenze transitorie solitamente hanno una durata di 3-6 mesi. Le remissioni spontanee potrebbero essere spiegate con lo sviluppo del sistema attentivo ed esecutivo e del linguaggio stesso. Se la presenza di disfluenze persiste oltre i 6 mesi si parla di balbuzie cronica.
 
E’ possibile individuare precocemente una balbuzie cronica?
È di estrema importanza rilevare gli indici o fattori prognostici primari e secondari che ci possano aiutare a individuare precocemente i soggetti che svilupperanno una balbuzie cronica.
Tra i fattori prognostici primari si ricordano:
  • storia familiare di balbuzie
  • genere: maschio o femmina;
  • età d’insorgenza;
  • evoluzione temporale;
  • tempo trascorso dall’insorgenza del disturbo;
  • quantità di unità ripetute e intervalli silenti;
  • prolungamenti e blocchi.
I fattori secondari pongono attenzione su:
  • gravità della balbuzie;
  • abilità fonologiche;
  • abilità di linguaggio espressivo.
 
Non si tratta di un disturbo di matrice psicologica?
Non si può negare che la maggior parte dei pazienti con balbuzie soffra di disturbi d’ansia. Secondo il DSM-5 nel disturbo della fluenza con esordio nell'infanzia può svilupparsi ansia anticipatoria verso la balbuzie. L'ansia è uno dei fattori psicologici più ampiamente osservati e studiati della balbuzie e, in particolare, alcuni studiosi hanno dimostrato un tasso allarmante di disturbo d'ansia sociale tra i balbuzienti. Alcuni ricercatori hanno avviato una serie di studi per approfondire i rapporti esistenti tra balbuzie e Fobia Sociale. Tale associazione ancora non è chiara ed i dati sulla prevalenza di questo disturbo in soggetti balbuzienti sono ancora limitati; è però evidente, nella pratica clinica, come spesso le due condizioni possano coesistere.
In altre parole, si pensa che il disturbo psicologico sia una conseguenza e non una causa della balbuzie.
 
La balbuzie è uguale per tutti?
La gravità della balbuzie varia da persona a persona e, anche nello stesso soggetto, da condizione a condizione (contesto, emotività, interlocutore etc.). Va, inoltre, sottolineato un altro elemento importantissimo: la balbuzie è fortemente legata alla percezione soggettiva che il soggetto ha di sé e del proprio modo di parlare. Molto spesso il balbuziente ha una percezione distorta del proprio eloquio, che viene percepito in modo nettamente peggiore di quanto effettivamente esso sia agli ‘’occhi’’ degli altri; tale condizione provoca un circolo vizioso in cui il proprio giudizio e l’idea del giudizio altrui influisce sul proprio stato emotivo, incrementando il livello di ansia ed incidendo negativamente sulla propria performance.

Si ‘’guarisce’’ dalla balbuzie?
La balbuzie è un disturbo cronico permanente che si manifesta in modo irregolare durante tutta la vita; ciò che si può fare è imparare a gestirlo! Molto spesso il primo passo, nella presa in carico del paziente balbuziente, è lavorare sull’accettazione e sulla conoscenza del suo eloquio al fine di avere maggiori strumenti per gestirlo.
Gli step di un percorso logopedico mirato alla balbuzie possono essere così sintetizzati:
  1. Individuare le situazioni, gli interlocutori ed i propri stati d’animo che incrementano la disfluenza;
  2. Potenziare e stimolare il circuito cognitivo responsabile delle disfluenze (training cognitivo sul sistema esecutivo ed attentivo);
  3. Fornire al paziente una strategia utile e personalizzata che lo aiuti a gestire e controllare il ritmo del proprio eloquio.
Incrementare la percentuale di momenti in cui il paziente fa esperienza positiva e riesca a gestire la fluidità della propria verbalizzazione sarà fondamentale per incrementare il senso di adeguatezza dello stesso, incrementare sicurezza nelle proprie potenzialità e vivere più serenamente le interazioni sociali.
E’ fondamentale pertanto introdurre parallelamente il percorso logopedico ad un percorso psicologico.
 

Bibliografia

Scacco alla balbuzie in sette mosse. Manuale di autoterapia e homework di Mario D'Ambrosio
Balbuzie e cluttering. Le nuove prospettive di Mario D'Ambrosio
http://www.logopedistarobertaperosa.it
https://www.mediterraneosociale.it/fobia-sociale-e-disturbi-del-movimento-balbuzie-tremore-essenziale-e-morbo-di-parkinson
 

La qualità in sanità

La qualità in sanità Copertina (611)
Alessandra Benassi

In questo Articolo scritto per il Master Universitario di secondo livello, “Management Sanitario 4.0” della Business School del Sole 24, afforntiamo il tema della qualità nel quadro di riferimento del sistema sanitario nazionale.
 
  1. Il sistema delle 3 A a supporto della qualità
    1. Tra autorizzazione e accreditamento
 
Con il D. L 502 del 1992 viene introdotto il concetto di qualità in sanità, che inizia ad essere definita, come un sistema di “servizi alla persona” in cui si diffonde la cultura dell’assicurazione della qualità, intesa come processo di miglioramento continuo nell’organizzazione dei processi interni alle aziende e delle performance erogate. Osserviamo come è proprio anche l’idea di servizio che ha cambiato il modo di pensare la prevenzione e la tutela della salute, l’organizzazione degli ospedali e la professionalità di medici infermieri, perché essere operatori di servizi non è più la stessa cosa che essere operatori della mutua[1].
Il concetto di qualità in sanità si configura come intrinsecamente correlato a quello di sicurezza. L’ordinamento giuridico riconosce all’attività sanitaria una potenziale ed eventuale pericolosità, per l’incolumità fisica delle persone e per tale ragione necessita di autorizzazione per il suo esercizio. Con l’istituzione di un regime di tipo autorizzatorio si prevede un meccanismo di garanzia preventiva circa la sicurezza delle cure mediche. L’Autorizzazione si configura come, il provvedimento amministrativo attraverso cui si rimuove un divieto, un limite all’esercizio di determinate attività o funzioni soggette ad una tutela particolare per motivi di interesse pubblico. Attraverso l’autorizzazione si esercita la rimozione di un ostacolo all’esercitazione di un diritto che un soggetto già detiene. Se pensiamo all’attività sanitaria svolta da parte di soggetti privati, il diritto in questione diventa il diritto alla libera iniziativa economica privata. Il motivo alla base dell’ostacolo del libero esercizio di questa prerogativa non può che essere individuato appunto nel riconoscimento di una natura pericolosa delle attività sanitarie. In caso di verifica positiva la struttura ottiene la conseguente autorizzazione regionale. Inizialmente, con riferimento alla legge 833, dal punto di vista dei privati, questa autorizzazione rappresenta l’idoneità a poter erogare assistenza sanitaria in un contesto di tipo istituzionale. Cioè i soggetti erogatori privati dovevano inquadrarsi soltanto in funzione sussidiaria rispetto al sistema pubblicistico. Con il decreto legislativo 229/1999 prende forma il sistema vigente, in quanto ha previsto che: l’esercizio dell’attività di assistenza specialistica ospedaliera e sociosanitaria da parte di soggetti privati, per conto e a carico del sistema sanitario nazionale, sia subordinato al rilascio dell’autorizzazione dell’accreditamento, nonché alla stipulazione di appositi accordi contrattuali. L’instaurazione del nesso organizzativo di servizio pubblico con i soggetti erogatori e la quantificazione delle prestazioni erogabili da ciascuno di essi sono il frutto di valutazioni programmatiche ed organizzative discrezionali della Regione, titolare del servizio.
 
In questo contesto l’autorizzazione che abbiamo visto essere un atto di garanzia della qualità minima, perché le cure siano sicure a tutela del paziente, viene strutturata in due livelli, prevedendo due tipi di autorizzazione:
 
  • autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie: deve essere ottenuta prima di dar corso ai lavori di costruzione di nuove strutture o per quelle già esistenti per il loro adattamento, ampliamento e trasformazione.
  • Autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie: deve essere posseduta prima di dare avvio all’attività. Tutte le strutture sanitarie, comprese alcune categorie di studi professionali sono soggette a regime di autorizzazione all’esercizio dell’attività.
 
L’autorizzazione regionale all’esercizio dell’attività sanitaria è richiesta sia per chi vuole operare in regime privatistico che in regime di servizio pubblico. L’autorizzazione si configura come lo standard minimo di sicurezza, tanto che gli art. 8 c.4 e 8ter del d.lgs. n.502 del 1992 stabiliscono requisiti minimi di sicurezza e qualità per poter effettuare prestazioni sanitarie. L’autorizzazione è inoltre un prerequisito per l’ulteriore regime di qualificazione di accreditamento e cioè l’idoneità della struttura ad operare per conto del servizio sanitario nazionale, con verifica periodica. Sono condizioni per essere accreditati:
 
  • la rispondenza a requisiti ulteriori di qualificazione rispetto a quelli necessari per ottenere l’autorizzazione
  • la funzionalità rispetto agli indirizzi della programmazione regionale
  • la verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti
 
1.2 Manuali per l’accreditamento
Per quanto concerne l’accreditamento un importante riferimento va fatto ai “Manuali per l’accreditamento” AGENAS[2], proposti nel 2015 come riferimento per le Regioni. Nel 2015 AGENAS ha appunto elaborato una proposta di quattro manuali operativi con l’obiettivo di supportare le Regioni e le Province Autonome nel processo di adeguamento ai nuovi requisiti nazionali di accreditamento. Tutti i sistemi di accreditamento regionali devono infatti uniformarsi ai contenuti del “Disciplinare per la revisione della normativa sull’accreditamento” (Intesa 20 dicembre 2012) che individua 8 criteri, 28 Requisiti essenziali e 123 evidenze, nei tempi previsti dall’Intesa del 19 febbraio 2015. Nei Manuali si indica come obiettivo prioritario: quello di costruire un sistema che fornisca un livello di prestazioni qualitativamente elevato e che sia in grado di orientare lo svolgimento delle attività al soddisfacimento dei bisogni dei cittadini. A tal proposito il manuale si propone di definire un modello per l’accreditamento istituzionale delle strutture fondato sui seguenti elementi:
 
  1. centralità del cittadino/ paziente:
    • comprendere i bisogni e le aspettative dei cittadini/pazienti;
    • garantire che i cittadini/pazienti siano considerati una priorità per il servizio;
    • guardare all’erogazione dei servizi in base alla prospettiva dei pazienti;
  2. leadership, ovvero:
    • garantire strategie, sistemi e metodi per raggiungere l’eccellenza;
    • ispirare e motivare i professionisti a lavorare, sviluppare, migliorare e ad essere innovativi e creativi;
  3. Cultura del miglioramento:
    • concezione del miglioramento come componente essenziale del lavoro quotidiano;
    • raggiungere e mantenere livelli di qualità che soddisfano i bisogni dei cittadini/pazienti;
    • monitoraraggio dei risultati
  4. evidenza dei risultati delle prestazioni:
    • dati e informazioni danno evidenza dei processi implementati e dei risultati;
    • la valutazione degli outcome consente il miglioramento della qualità e delle performance di un’organizzazione;
  5. Propensione alle buone pratiche:
    • confronto con gli altri per aumentare l’efficacia e l’efficienza dei processi;
    • migliorare gli outcome per i cittadini/ pazienti.
  6. La finalità dell’accreditamento è quella di:
    • migliorare la qualità dei percorsi dei pazienti;
    • migliorare lo sviluppo della qualità clinica, organizzativa e della qualità percepita da parte dei pazienti;
    • rendere visibile la qualità del sistema sanitario regionale.
 
1.3 Dall’accreditamento agli accordi contrattuali
Se l’accreditamento attribuisce la qualifica istituzionale come gestore del servizio pubblico, non consente all’accreditato di erogare prestazioni a carico del sistema sanitario nazionale se non previa pattuizione di appositi accordi contrattuali. Solo attraverso l’accordo contrattuale l’operatore contratta con la regione/ASL le tipologie delle prestazioni che può erogare a carico delle risorse pubbliche per il sistema sanitario nazionale, le tariffe per le prestazioni rese ed il volume massimo di queste ultime. Non tutte le strutture interessate che siano in grado di soddisfare i requisiti tecnici di accreditamento hanno diritto ad ottenerlo: tra queste saranno selezionate solo quelle la cui attività risulti funzionale alle scelte della programmazione regionale dell’offerta di servizi sanitari.
Una volta completata la fase di accreditamento si passa alla stipula dell’accordo contrattuale tra le strutture pubbliche ed equiparate (IRCCS – AOU). I contratti vengono stipulati con le strutture private e professionisti accreditati. Essi sono preceduti da intese con le organizzazioni rappresentative a livello regionale delle strutture private e dei professionisti accreditati.
Il sistema delle 3 a (autorizzazioni, accreditamento, accordo contrattuale), introdotto con, il decreto legge 502 del 1992, modificato dal 229 del 1999, è un modello volto all’accertamento, verifica, monitoraggio e mantenimento di elevati standard qualitativi del servizio sanitario erogato dagli erogatori, al fine di assicurare la sicurezza dei servizi alla popolazione.
 
 
2. Qualità in sanità
 
2.1 Il modello di Deaming
L’AGENAS afferma che il modello di accreditamento proposto alle regioni si basa sul ciclo di Deming (ciclo di PDCA – plan–do–check–act), un sistema circolare in grado di promuovere una cultura della qualità tesa al miglioramento continuo dei processi e all’utilizzo ottimale delle risorse. Questo strumento parte dall’assunto che per perseguire la qualità è necessaria la costante interazione tra pianificazione, progettazione, implementazione, misurazione, monitoraggio, analisi e miglioramento. Applicare costantemente le quattro fasi del ciclo di Deming consente di migliorare continuamente la qualità e soddisfare le esigenze del cittadino/paziente.
 
La sequenza logica del ciclo di Deming si compone di 4 fasi:
 
  • P – Plan. Pianificazione: l’organizzazione deve aver predisposto la documentazione necessaria a descrivere le modalità di raggiungimento dell’obiettivo per la qualità definito dal requisito per l’accreditamento;
  • D – Do. Implementazione: l’organizzazione deve garantire l’implementazione di quanto definito in fase di progettazione e pianificazione;
  • C – Check. Controllo, studio e raccolta dei risultati: l’organizzazione deve monitorare in maniera continua la qualità delle strutture, dei processi e degli esiti derivanti dall’erogazione del servizio;
  • A – Act. Azione per rendere definitivo e/o migliorare struttura/processo/esito: l’organizzazione deve analizzare e valutare i risultati del monitoraggio, effettuare un’analisi delle priorità e definire e mettere in campo iniziative per migliorare la qualità delle strutture, dei processi e degli esiti.
 
Il ciclo PDCA sviluppato da W. E. Deming rappresenta uno dei principali strumenti della gestione della qualità. Definire il concetto di qualità in sanità richiede la considerazione di molteplici aspetti e fattori di natura diversa. Il modello del Total Quality Managment, strettamente correlato al modello di Deming ci aiuta ad inquadrare la qualità in sanità. Nel Total Quality Management, l’approccio alla qualità diventa manageriale e strategico. La qualità viene considerata un’arma competitiva, e ci si affida sempre di più alla motivazione ed al coinvolgimento di tutte le persone e di tutte le funzioni aziendali. Si riconosce che la qualità dei prodotti e dei servizi è il risultato degli sforzi congiunti di tutte le funzioni aziendali. Tutta l’impresa deve essere coinvolta nel raggiungimento dell’obiettivo ultimo. Ciò comporta anche il coinvolgimento e la mobilitazione dei dipendenti e la riduzione degli sprechi in un’ottica di ottimizzazione degli sforzi. L’obiettivo ‘qualità’ non risiede più nel prodotto/servizio ma nei processi aziendali; l’azienda produce qualità. Il fine ultimo dell’approccio TQM è il miglioramento della competitività, ottenuta migliorando la soddisfazione dei clienti attraverso la miglior qualità del prodotto o del servizio attraverso elevati standard di qualità dei processi aziendali.
Come abbiamo visto nelle teorie di Deming la produzione deve essere vista come un sistema che comprende tutti coloro che interagiscono nell’erogazione del servizio: operatori e utenti. In questo sistema il cliente-utente è la parte più importante del processo di erogazione del servizio, in quanto senza di lui non ha ragione di essere. Le organizzazioni devono instaurare rapporti di collaborazione sia con i clienti sia con i fornitori per il miglioramento continuo del servizio offerto e per la riduzione degli errori e degli insuccessi. La forza del PDCA risiede nella completezza del metodo scientifico, descritto come “ipotesi” – “esperimento” – “valutazione” o pianificare, fare, e controllare. Secondo lo statista Deming qualsiasi processo può essere visto dunque come il ciclo, sopra descritto, in cui le fasi susseguendosi costantemente consentono di avviare un processo continuo di miglioramento della qualità.
La qualità dell’assistenza si configura come il risultato finale di un complesso intreccio di fattori, quali la capacità di gestione, la razionalità dell’uso delle risorse disponibili, la capacità di governo dell’innovazione, di indirizzare i comportamenti professionali degli operatori e, non ultima, la gestione del rischio; è il risultato di specifiche scelte di politica sanitaria che intervengono sugli assetti organizzativi e sui meccanismi di trasferimento delle conoscenze scientifiche, nella pratica e sulla capacità del sistema di documentare i risultati ottenuti.
 
  • Il servizio sanitario verso l’umanizzazione delle cure mediche
Sulla base di tale riflessione possiamo affermare che Il sistema sanitario può dunque concorre al progresso della nostra salute ma al contempo l’inaccessibilità alle prestazioni mediche e alle cure, e l’inefficienza e inefficacia dei servizi erogati possono contribuire al suo regresso. Il valore dei servizi sanitari viene misurato in base alla salute e benessere che riescono ad apportare alla vita del paziente. Vittorio Mapelli[3], autore del libro “il sistema sanitario italiano” ha individuato i parametri principali secondo cui valutare il sistema sanitario:
• L’efficienza tecnica (definita come rapporto prestazioni-risorse o output-input), che riguarda l’impiego economico delle risorse nel processo produttivo, misura quante prestazioni sono state realizzate con un’unità di fattore produttivo.
• L’efficacia (salute-prestazioni o outcome/output), che misura invece il contributo dei servizi sanitari al miglioramento dello stato di salute. Si occupa di analizzare quanto migliora la salute in seguito al consumo di una prestazione sanitaria.
• Il rendimento (definito come rapporto salute/risorse o outcome/input), che si ottiene moltiplicando i due indici precedenti (output/input x outcome/output= outcome/input).
 
Il modello del 1985 GAP 5, Servqualm di Parasuraman, elaborato per la valutazione della customer satisfaction, è applicabile al settore dell’healthcare rilevando quella che prende il nome di patient satisfaction. In questo modello le organizzazioni sanitarie devono occuparsi di 5 dimensioni che interessano la soddisfazione del paziente, quali[4]:
 
  • la capacità di erogare il servizio in modo affidabile e preciso
  • la professionalità e la cortesia degli operatori e la loro capacità di sviluppare la fiducia nei pazienti
  • le variabili tangibili quali le attrezzature e la tecnologia, gli operatori e le risorse di comunicazione
  • l’empatia,
  • la reattività e l’entusiasmo.
 
Secondo tale modello la qualità del servizio è dunque caratterizzata dallo scostamento che si crea tra la propria aspettativa e ciò che viene effettivamente svolto. Tali aspettative tendono a formarsi in modo indipendente e fuori dal controllo del management, che riesce a intervenire solo in parte attraverso le attività di comunicazione, mentre circa la percezione è possibile intervenire direttamente lavorando su tre dimensioni della qualità: tecnica che viene definita come il prodotto delle interazioni tra i clienti e i fornitori di servizi; funzionale che si interessa delle strategie utilizzate per fornire la qualità tecnica; d’immagine che è caratterizzata dalla qualità tecnica e da quella funzionale, includendo fattori come le abitudini, il passaparola, i prezzi e le associazioni pubbliche[5]. Al fine di rilevare con precisione la soddisfazione degli utenti dei servizi alla persona è fondamentale indagare la soddisfazione degli stakeholder del settore, ovvero tutti gli operatori di settore che con il proprio lavoro incidono sulla patient satisfaction.
L’evoluzione storica del sistema sanitario nazionale ha portato attraverso le leggi di riforma alla sua aziendalizzazione. Al contempo Il paziente non si configura come un mero cliente e il personale sanitario si trova ad erogare servizi a persone che riversano in uno stato di particolare fragilità. Pertanto assicurare qualità richiede la capacità di conciliare un giusto equilibrio tra necessità economiche, burocratiche, gestionali e centralità della persona[6]. Emerge come assicurare qualità in sanità prevede un costante riferimento all’art.32 della costituzione, al fine di perseguire in modo condiviso il fine ultimo della Repubblica che: “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. L’Organizzazione mondiale della sanità parla della salute come di “Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità”. In questo quadro di riferimento occuparsi della qualità richiede a tutti i soggetti del SSN di porre l’attenzione sui processi di umanizzazione delle cure mediche.
 
 
Alessandra Benassi

  1. Olla G., Pavan A., “Il management nell’azienda sanitaria”, Giuffrè, 1996
  2. Manuali per l’accreditamento AGENAS: https://www.agenas.gov.it/primo-piano/manuali-per-accreditamento-istituzionale
[3] Mapelli V., Il sistema sanitario italiano, Il Mulino, Bologna, 2012
[4] Jain P., Aggarwal V., Service quality models: a review, BVIMSR’s journal of management research, 2015.
[5] Gronroos C., Voima P., Critical service logic: Making sense of value creation and co-creation, Journal of academy of marketing science, 2013.
[6] Tartaglia Filiberto, Estetica sanitaria: oltre il marketing sanitario, Libreria universitaria, Padova, 2009
 
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