Francesco Mariano Bosco, runner: Qualcosa ho imparato: cadi sette volte, rialzati otto
Lo sport ha da sempre contribuito alla formazione del mio carattere
Al termine della corsa di Migue,l ho conosciuto Francesco Mariano Bosco, grazie all’amico comune Massimo Castellano. Chiacchierando, scopro che Francesco è di Vieste e che suo papà è un grande amico mio, amici di squadra 25-30 anni fa, da lì nasce luna nuova amicizia.
Francesco Mariano Bosco mi segnala il suo nuovo sito fmbosco.wixsite.com e con piacere leggo dall'età di 14 anni fino ai 18 ha fatto atletica con il G.S. Fiamme Gialle Simoni, inoltre è Diplomato Istruttore F.I.D.A.L. nel 2014 e ha i seguenti record personali: 9'26 3000m, 16'22 5000m, 33'48 10km, 1h13'36 mezza maratona, 2h41'35 maratona. Tutt'ora corre con l’A.S.D. Spartan Sport Academy per la quale è anche il referente tecnico per il settore running.
Ci accomuna l’amicizia con suo padre, la provenienza dal Gargano, la passione per il runninge anche i record personaliquasi simili dai 5km alla maratona: 16'30 5000m, 33'41 10km, 1h13'38 mezza maratona 2h42’17 maratona. Di seguito approfondiamo la conoscenza di Francesco attraverso risposte ad alcune mie domande:
Qual è stato il tuo percorso per diventare atleta? Devo ringraziare i miei genitori: ho iniziato per gioco a metà degli anni ‘90 partecipando alle mini gare per le categorie giovanili corollarie alle gare degli adulti, recandomi con mio padre (buon podista amatore) e mia madre (giudice di gara FIDAL) agli eventi podistici in programma le domeniche. Mi sono trovato a vincere e/o piazzarmi spesso fra i primi posti, e qualche anno più tardi, un allenatore del G.S. Fiamme Gialle G. Simoni mi propose di provare ad allenarmi con loro. Ritengo d’aver svolto un’attività agonistica giovanile di buon livello fino alla maggior età, quando smisi in seguito ad un infortunio piuttosto serio. Dopo 7 anni circa ho re-indossato le scarpette e non le ho più lasciate, riuscendo, seppur ormai non più nella categoria assoluti, a togliermi qualche altra bella soddisfazione agonistica.
Avere un padre maratoneta e una madre giudice di atletica è un buon contesto per apprendere l’arte di correre e sviluppare benessere e performance superando anche problemi e crisi lungo i vari percorsi di allenamento e di gare. Ricordo benissimo quando incontravo in gara sia suo papà che a volte sua madre nelle gare a Roma, nel Lazio e in giro per l’Italia.
Come sei cambiato attraverso lo sport? Lo sport, anche quello svolto prima della corsa (nuoto e tennis) ha da sempre contribuito alla formazione del mio carattere e mi ha insegnato ad essere determinato nel raggiungere degli obiettivi, anche nella vita di tutti i giorni.
Concordo con Francesco, lo sport è una buona pratica per organizzare e pianificare obiettivi seguendo percorsi di allenamento con impegno, determinazione e fiducia in sé.
Nello sport chi e cosa hanno contribuito al tuo benessere operformance? “
L’appoggio della Famiglia prima ed ora è un elemento che non è mai mancato, e li ringrazio sempre per questo, ma è la motivazione e la resilienza che emergono dentro di me, nella mia mente, che mi spingono ogni giorno ad uscire ancora, a fissare nuovi obiettivi, a non mollare mai.
Vero, motivazione e resilienza sono due aspetti che permettono di impegnarsi e superare qualsiasi ostacolo per raggiungere obiettivi e mete difficili sfidanti ma raggiungibili con la pratica costante.
Qual è stata la gara della tua vita dove hai sperimentato le emozionipiù belle? “
In realtà sarebbero due le gare in questione, e nessuna delle due in occasione di vittorie o titoli, ma bensì di “semplici” record personali: mezza maratona e maratona. Ma parlerò della maratona, perché quando corsi quella mezza vissi si delle emozioni, ma era il giorno dopo un evento funesto per la nostra famiglia, e dal quale trassi la forza che mi portò al traguardo in 73 minuti. La maratona invece fu nel 2017, a Verona, la mia miglior maratona sotto tutti gli aspetti. Superata la metà e poi indenne il 30° km, capivo che stavo correndo sul filo del record personale ma non mi sono mai fatto prendere la mano, non prima di Piazza Bra, rettilineo d’arrivo: lì ho mi sono goduto il pienamente le emozioni del momento.
Le gare dove si fanno i record personali vanno memorizzate nel cuore, nell’anima, nello spirito, nella mente e sulla pelle per ricordare sensazioni ed emozioni intense e piacevoli che possono permettere di replicare tale prestazioni. Ricordo anch’io con estremo piacere le mie gare record Roma osta e maratona di Latina, come dice Francesco corse ai limiti fino alla fine ottenendo risultati prestigiosi.
Cosa pensano familiari e amici della tua attività sportiva? Beh, bisognerebbe chiederlo a loro! Scherzi a parte, tutti, da mia moglie ai miei, agli amici e chi mi conosce bene, sa quanto sono profuso verso questo sport, e fanno il tifo per me.
Avere una passione è una grande cosa, un grande orto a disposizione dell’interessato che permette di dedicare tempo per star bene, per sperimentare benessere e anche performance. E’ importante avere il sostegno di amici e famiglia.
Cosa hai scoperto di te stesso praticando sport? Ho capito cosa significhi, in certe situazioni, poter contare solo su te stesso.
Hai sperimentato l'esperienza del limite nelle tue gare? Sì, ogni volta che perdo una volata.Ma è importante saper conoscere, riconoscere e accettare il proprio limite per gestire al meglio ogni distanza, ogni circostanza. Se ci si riesce non si fallisce mai.
Si impara sempre nello sport in ogni situazione, sia quando si vince che quando si perde, si conosce meglio se stessi e si cerca di porre rimedi e di lavorare su criticità per potenziare le parti e gli aspetti carenti per far meglio le prossime volte.
Quali sensazioni sperimenti facendo sport (allenamento, pregara, gara,post gara)? Non subisco più l’ansia pregara come quando ero un “teen”. Ho però i miei riti, i miei capisaldi, nel cibo come nel sonno come negli allenamenti precedenti una gara, e dall’infilare i calzini al riscaldamento pre-partenza.Ogni gara è a sé, più o meno importante che sia, le sensazioni sono sempre le stesse.Da vent’anni a questa parte.
L’esperienza aiuta a riconoscere meglio le sensazioni corporee e le emozioni e a gestire ogni parte di gara con fiducia in sé senza timori e con la voglia di fare il proprio meglio.
Quali sono i tuoi pensieri in allenamento e in gara? Generalmente in allenamento mi “ascolto” molto, “prendo appunti” del come mi senta per valutare come gestirmi nella singola seduta e in relazione all’esercizio da svolgere; in gara faccio altrettanto, ma condizionato dal fattore agonismo che mi porta spesso ad alternare tattiche conservative o d’attacco a seconda della condizione, degli avversari e della posta in gioco.
E’ importante conoscersi bene, studiare se stesso e la situazione di gara compresi gli avversari, capire come si può fare in ogni situazioni avendo sempre un piano b e curando tanti aspetti che concorrono alla performance dall’alimentazione all’abbigliamento ai rituali pre gara.
La tua gara più estrema o più difficile? Non è una maratona. Per quanto ne abbia corse anche qualcuna in condizioni di difficoltà fisiche, no non è una maratona. Ma una mezza. 21km e spiccioli in continua ascesa verticale per più di 1530m, lungo i tornanti che collegano Bormio alla Cima Coppi, al Passo dello Stelvio.Una cronoscalata di poco più di 2 ore (per me) attraverso le cime e il suggestivo paesaggio del Parco Nazionale alpino, dove davvero ti godi il viaggio seppur faticoso, pensando solo a raggiungere la vetta.
Gare dure e faticose aiutano a fortificarsi e a non aver paura di muri e salite.
Cosa ti ha fatto mollare o cosa ti fa continuare a fare sport? Mollai nel 2001 dopo quella frattura al perone sx, e anche dopo guarito capii che non era stato solo l’osso ad essersi rotto: ero io ad aver perso mordente. Una mattina mite d’autunno dopo 7 anni, volli scendere a fare una corsetta. Dopo un quarto d’ora ero un pezzo di legno, un macigno. Allora, in ricordo del corridore che fui qualche anno prima, decisi che era il momento di rimboccarsi le maniche.
Si fa sempre in tempo a rialzarsi, a ricominciare a risalire sul treno dello sport che rende felici e resilienti mettendosi in gioco nelle diverse situazioni impegnative di allenamento e gara.
Come hai superato eventuali crisi, sconfitte, infortuni? Non posso negarlo e non credo cambierò mai il mio modo di accettare un evento avverso, ma di sicuro qualcosa ho imparato: cadi sette volte, rialzati otto.
Un tuo messaggio rivolto ai ragazzi per avvicinarsi allo sport? Lo sport è un mezzo che abbiamo nella nostra vita per realizzare qualcosa di veramente nostro: è in un certo senso una forma d’arte e ciò fa di ognuno di noi un artista libero di esprimersi.
Ho l’impressione che Francesco attraverso l’esperienza sportiva abbia imparato ad essere resiliente, ad aspettarsi di tutto e a rimboccarsi ogni volta le maniche per ripartire in modo diverso con il sorriso apprendendo dall’esperienza.
Ritieni utile lo psicologo nello sport? Per quali aspetti e in qualifasi? Lo psicologo nello sport ritengo sia utile sia come figura di sostegno morale che a un atleta, di qualunque livello, può servire nell’assimilazione di certi processi di allenamento e resistenza alla fatica, specie quando la motivazione tende a scemare; inoltre può avere un ruolo fondamentale l’indomani di un risultato negativo o durante e alla ripresa da un lungo infortunio.
E’ importante avere una figura di riferimento che dia una mano per rialzarsi, per risollevarsi, per individuare risorse personali nell’atleta che a volte dimentica di possedere perché si trova in un periodo negativo, buio.
Quali sogni hai realizzato e quali sono da realizzare? Prossimiobiettivi? Il piccolo sogno che avevo era di diventare qualcuno in questo sport, ma poi ho accettato con modestia quello che già faccio e i traguardi che ho raggiunto e mi auguro di poter continuare il più possibile a dire la mia nelle competizioni che contano anche al cospetto di avversari più talentuosi di me. Prossimi obiettivi: limare ancora gli attuali record personali.
Francesco ha ancora davanti a se anni fruttuosi in uno sport dove ci si può ancora esprimere anche a 40 anni con ottimi risultati.
Una frase o parola che ti aiuta nelle difficoltà? Nessun sacrificio = nessun risultato.
Ti ispiri a qualcuno? A nessuno in particolare, ma ammiro molti atleti nazionali e internazionali, del presente e del passato.
Come ti vedi a 60 anni? In canotta e calzoncini ai nastri di partenza dell’ennesima maratona.
Cosa dà e cosa toglie lo sport? Lo sport è formativo, sempre.Se praticato onestamente.
Grande ispiratore di Francesco credo che sia stato proprio suo padre che ha corso tante maratone, ha partecipato anche a staffette itineranti collettive da Roma a Loreto e anche in solitaria da Roma a San Giovanni Rotondo, un grande riferimento per tanti.
Vincenzo Montenero, nato a Ercolano (Napoli), vive nella nostra Cittadina. Ha pubblicato romanzi e racconti con varie Case Editrici: Andrea Oppure Editore, Giraldi Editore, Perrone Editore, Newton Compton Editori, Full Color Sound e altri. Su Amazon ha pubblicato Doppio Matrimonio: un e-book di successo tradotto e distribuito anche in inglese con il titolo Double Marriage. Oltre a svariati monologhi e corti teatrali rappresentati in diversi teatri italiani, Sui Massimi Sistemi dell’Amore con la A maiuscola e a colori è la sua commedia di maggior successo, messa in scena con varie repliche.
SENZA RESTO
Ultima opera di Vincenzo, è un romanzo un pò rock ed un po’ pop, con un semplice ed in fondo lineare soggetto: Alfredo, aspirante borghese un oggetto: 10 milioni di euro ed un fine: dimostrare con semplicità che realmente non sempre è facile diventare ricchi. Il romanzo è ambientato, non nelle solite Napoli, Roma, Milano o Firenze, ma a Vigevano. Alfredo è la via di mezzo tra, sicuramente secondaria, tra Montalbano, Rocco Schiavone ed il maresciallo Rocca, pur essendo solo un amministratore di condomini. SENZA RESTO ha un difetto: è semplice, perché scritto pensando a quei 30 milioni di Italiani che nell’ultimo anno non hanno mai letto un libro… e Alfredo non diventerà mai un eroe romanzato perché è uno di noi.
EdiLet – Edilazio Letteraria, 2015
Prosegue su questo Sito la promozione di opere di autori nostri Concittadini, conosciuti ed apprezzati in ambito nazionale ed internazionale ma spesso completamente sconosciuti nella loro Cittadina. Un gap a cui intendiamo porre rimedio al più presto, dedicando una rubrica a loro riservata.
Miniere cardiache è una raccolta di dodici racconti che sembrano d'amore, e forse lo sono davvero.
Si tratta di testi premiati e segnalati in Concorsi letterari nazionali e talvolta già pubblicati in antologie a tiratura limitata. Sono stati scritti tra il 2005 e il 2014, ognuno indipendente dall'altro, ognuno autonomo, ognuno libero. Si sono scelti tra loro per essere qui, tutti insieme, a significare qualcosa di più di ciò che rappresentano da soli. Questo libro nasce perché mi sono accorto, dopo averli scritti, che, a modo loro, rappresentano un percorso ideale lungo le vie meno battute del sentimento. Quelle vie periferiche e poco illuminate che sembrano amore, che chiamiamo amore, ma che forse non lo sono più, o non lo sono mai state. Quelle vie che sono violenza o frustazione, invidia o tradimento, viltà o abitudine.
Ognuno di essi nasce da una sciocchezza e rappresenta un tentativo. Capita così, un dettaglio apre orizzonti di pensieri che all'inizio si aggrovigliano, rappresentano una matassa indistinta di possibili evoluzioni narrative. Poi, lentamente, coi giorni, con l'incidenza della vita e delle delusione, delle gioie e dei miracoli, del caso, dell'amore, afferriamo uno di quei fili e cominciamo a tirarlo a noi. E ci accorgiamo che se ne viene! Piano, certo. Magari un millimetro per volta, ma quell'idea merita lo sforzo di ricavarla da quel caos ingestibile di "nienti" che ambiscono a diventare le storie di qualcuno. E quel filo che abbiamo tra le mani, in un modo meraviglioso che è inutile e ridicolo cercare di spiegare, diventa righe e righe di parole. Assume dignità, consistenza, valore. Diventa qualcosa. Diventa un pezzo di vita che si imprime su quelle pagine per sempre.
Non so perché abbia scritto questi racconti e non altri. Le idee sono molte, i fili che scegliamo così pochi. Quel che so è che averli scritti mi rende in qualche modo felice. Perché ripercorre la mia vita interiore, i pensieri, l'emotività di questi anni. I racconti, rispetto ai romanzi, sono molto più legati al tempo in cui vengono scritti, perché sovente vengono pensati, ultimati e corretti a stretto giro. Non sono compagni di stagioni, di epoche, di decenni. Sono amici che ti fanno compagnia per un breve periodo, e poi prendono la strada che hanno scelto. Eppure restano annodati al tempo in cui vengono composti, ci si incastrano, ne divengono quasi etichetta.
Per questo, dopo più di cinque anni, sono orgoglioso di tornare in libreria con questo testo. E' un modo per ricordare un periodo, e per chiuderlo. Un antidoto a ciò che talvolta desideriamo con tale ardore e passione da non considerarlo con obiettività. Del resto, il desiderio è un lusso. E per quanto puro e genuino, per quanto dolce e necessario, non tutela affatto dai rischi - talvolta esageratamente gravi - che porta con sé. E scrivere tutela. In qualche imponderabile ragione, tutela. Tutte le tematiche di questi racconti mi sono rimbalzate addosso, e ho provato paura, ho provato smarrimento, ho provato tutto ciò che non mi avrebbe fatto essere qui, così, oggi, se non li avessi scritti.
Sono nati così, per aggregazione e per esigenza, per dolore e per curiosità. Nel fluire irreparabile della mia vita.
Ed è così che li porgo a voi.
Buona lettura.
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(Sovera edizioni, 2006)
Quand’è che una storia d’amore vale la pena d’essere raccontata? Quando?
Gianni Frestella conobbe Cecilia Rinaldi sette anni fa, quando studiava amore ed era considerato da molti un ciarlatano. Ci mise sette giorni a farla innamorare, sei mesi a sposarla. Oggi è il massimo esperto d’amore al mondo, ha scritto decine di pubblicazioni, tra cui la più importante dal titolo “L’amore giusto” che è stata in testa alle classifiche per mesi e mesi. Oggi ha una cattedra di “Amore” all’Università di Roma e presenta una trasmissione radiofonica che è la più ascoltata della giornata.
La sua vita basata sull’amore va a gonfie vele. Cecilia lo ama con una consapevolezza matura e al tempo stesso con una imprevedibilità bambina. Lui conosce l’amore.
Una storia come tante, con la sola certezza di non esserlo. Un amore esploso con la violenza di un bocciolo di rosa. Sette anni fa. Una storia che avrebbe rischiato di non esser mai raccontata. Mai, senza Therèse.
Therèse è un’esperta di statistiche matrimoniali, una studiosa dei numeri della coppia, costretta da un incidente su una sedia a rotelle. Si incontrano per caso. E, come direbbe Gianni, si riconoscono.
Therèse lo divora. Lui non concepisce la sua irrazionale attrazione. La rifiuta fino a che può. Rifiuta quel fulmine che crepa il cielo mai così sereno della sua vita.
Gli basta un niente per comprendere che studiare amore, insegnarlo, non significa averlo imparato.
Oggi Gianni Frestella è un uomo sposato da sette anni, come tanti. Scende le scale per raggiungere Therèse, anche oggi. Ancora una volta.
Ma oggi sarà l’ultima volta.
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Che colpa ne ho? di Giusi Dottini
Che c’è di male a lasciarsi trascinare dalla corrente, a decidere di non decidere, o decidere, dopo un doloroso percorso, di non sposarsi più? È quello che accade a Vanessa, a pochi mesi dal matrimonio.
Che colpa ne ho? Si domanda la protagonista di un romanzo sì rosa, ma un rosa fatto di tante nuance: a volte più pallido, altre più acceso, addirittura fucsia. Rosa shocking.
La vicenda si dipana tra azioni, dialoghi, elucubrazioni, momenti emozionanti, soffusi, “caldi” e soffocanti dove l’amore può essere la speranza o il nemico da affrontare o dal quale scappare.
Tre uomini in tre periodi diversi, nell’età più delicata della donna, i quaranta, costringeranno Vanessa a guardarsi dentro. Con la tentazione alla fine di scegliere l’espediente più facile, quello di non prendersi più la responsabilità dei propri errori e dei propri fallimenti.
Dopotutto, in ragion dei sentimenti (quelli onesti) nessuno è carnefice, nessuno è vittima e nessuno è colpevole.
"Che colpa ne ho?" è il quinto romanzo di Giusi Dottini, già autrice di Danzando coi propri demoni, Lezioni di tango, Ebbrezza al cioccolato e 2 Pianeti.
Come reagireste se, d’un tratto, la vostra vita venisse sconvolta da una lettera?
Torna in scena con un romanzo la giornalista Eleonora Persichetti, caporedattrice de La Voce dei Castelli e direttrice di Ugualmente Abile News. Una storia avvincente ed emozionante: “Raccomandata semplice”, pubblicato da Lettere Animate editore, disponibile in cartaceo e digitale in tutti gli store (Mondadori, Feltrinelli, Ibs, Amazon, Kobo e tanti altri) e ordinabile in libreria.
La protagonista è una ragazza come tante, Adele, che finalmente termina il lungo percorso di studi in medicina. Proprio il giorno della laurea, una scoperta cambia la sua vita per sempre. In mezzo ad alcuni cd trova una raccomandata, che non avrebbe mai voluto leggere. Ma indietro non si torna. Adele, con la vita ormai a soqquadro e completamente disorientata, decide di intraprendere un lungo viaggio con l’amica del cuore, Cristina, alla ricerca della sua vera identità.
“Ma in lei dominava la sete della verità e non c’è nulla che possa estinguerla.” Riuscirà a capire chi è veramente? E da dove viene?
Le pagine della promettente scrittrice raccontano di un destino tutt’altro che prevedibile e di forti emozioni in una dimensione tra il reale e il surreale. E quando Adele sta per avvicinarsi alla verità, un colpo di scena capovolge le carte in tavola e lascia il lettore con il fiato sospeso.
Vuoi regalarlo per San Valentino? Se lo acquisti nei punti vendita Mondadori Store di tutta Italia, riceverai in omaggio un segnalibro a forma di grande cuore rosso. Potrai sceglierlo "anonimo", per scrivervi la tua dedica, o già riempito da una frase pensata per i lettori di Mondadori Store da due autori e volti noti che di amore se ne intendono: Chiara Francini e Francesco Sole.
Vuoi una dedica dell’autrice? Partecipa all’evento di presentazione che si terrà sabato 23 febbraio 2019 al Civico 20 di via Calatafimi a Cava dei Selci (Marino) alle ore 18, condotto dalla giornalista Debora Esposto con brani tratti dal romanzo e letti da attori.
La Redazione