Per il mese di gennaio, l’avv. Federica Sestini dello studio legale Pisani si concentra su un tema molto dibattuto in ambienti giudiziali e “familiari”: gli accordi, con il consenso di entrambi i coniugi, riguardanti i trasferimenti immobiliari, in particolare la problematica sulla possibilità che i coniugi, assistiti dai rispettivi legali, possano, dinanzi lo stesso giudice della separazione o del divorzio, effettuare il trasferimento dell’immobile a titolo di mantenimento senza dover necessariamente “passare” dal notaio.
Ebbene la Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito che questo è possibile con notevole risparmio per le parti di tempo e denaro.
Buona lettura
Avv. Eugenio Pisani
SEPARAZIONE E DIVORZIO: LE SS.UU. DETTANO LE CONDIZIONI PER LA VALIDITÀ DEI TRASFERIMENTI IMMOBILIARI
Risale alla scorsa estate una rilevante decisione della Suprema Corte, assunta a Sezioni Unite (Cass. Civ., SS.UU., 29 luglio 2021, n. 21761), con la quale i Giudici di Cassazione si sono pronunciati su una questione di pratico rilievo, in materia di validità dei trasferimenti immobiliari nell’ambito degli accordi di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta, definitivamente affermando l’ammissibilità dei patti di trasferimento di diritti reali.
In tal senso, gli Ermellini hanno ribadito il proprio orientamento favorevole alla idoneità al trasferimento in capo alle clausole che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili o di altri diritti reali ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli, quale contributo al mantenimento, ancorché adottato nella forma della semplice scrittura privata.
In effetti, tale pronuncia era attesa da tempo: la normativa di settore, invero (art.29, co. 1 bis, L. 52/85), demanderebbe al Notaio, e non ad altri soggetti, il compito della individuazione e della verifica catastale, nella fase di stesura degli atti traslativi, in tal modo mostrando di voler concentrare, nell'alveo naturale del rogito notarile, il controllo indiretto statale sugli atti di trasferimento immobiliare, a tutela degli interessi ad essi sottesi.
Tuttavia, ritengono le Sezioni Unite che l'orientamento secondo il quale - in sede di divorzio congiunto e di separazione consensuale - siano ammissibili accordi tra le parti, che non si limitino all'assunzione di un mero obbligo preliminare ma attuino in via diretta ed immediata il vero e proprio trasferimento della proprietà di beni o di altro diritto reale sugli stessi, meriti di essere condiviso e confermato, con le precisazioni che si passa ad esporre.
Il percorso logico indicato dalle Sezioni Unite muove dal presupposto per cui tali accordi, in quanto inseriti in un verbale d'udienza redatto da un ausiliario del Giudice, pubblico ufficiale, e destinati a far fede di ciò che in essi viene attestato, assumano forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell'art. 2699 c.c. e, laddove implichino il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituiscano, dopo la sentenza di divorzio o l'omologazione che li rende efficaci, valido titolo per la trascrizione a norma dell'art. 2657 c.c..
In tale contesto, si precisa come la validità dei trasferimenti immobiliari presupponga, ovviamente, una esatta e puntuale attestazione, da parte del cancelliere, sull’attività delle parti, onerate delle produzioni e dichiarazioni di cui all’art.29 della Legge n.52/85, comma 1-bis; al contrario, non produce nullità del trasferimento il mancato compimento, da parte dell'ausiliario, dell'ulteriore verifica circa l'intestatario catastale dei beni trasferiti né la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari.
La ratio sottesa a tale pronuncia deve certamente rinvenirsi nella circostanza per cui simili clausole, ancorché non costituenti una dichiarazione di scienza bensì un negozio attributivo, soddisfino - per i beni immobili - l'esigenza della forma scritta senza che si renda necessaria il profilo dell'atto pubblico, non configurando atti di liberalità né convenzioni matrimoniali ex art.162 cod.civ..
E’ evidente come tale pronuncia, altresì, rivenga il proprio fondamento nella centralità del consenso dei coniugi, i cui accordi - in una lettura costituzionalmente orientata ed ispirata al principio dell'autonomia privata (artt. 2, 3, 41 e 42 Cost.) - sono insindacabili da parte del Giudice, anche atteso l’intento degli stessi di regolare i propri rapporti patrimoniali a seguito di separazione personale o scioglimento del matrimonio.
Ebbene, si è aperta l’era dei c.d. “contratti della crisi coniugale”; accogliamo con favore la pronuncia della Suprema Corte ponendosi questa, a nostro avviso, quale soluzione utile ad evitare il perpetrarsi di situazioni di crisi coniugale che invece impongono definizioni celeri e spedite, soprattutto in ordine alle questioni economiche.
Ci auguriamo, pertanto, che in tal modo vengano impediti momenti di dilatazione delle crisi coniugali, quantomeno durante la fase di gestione giudiziale noi affidata.